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Trapianti di nasi rossi e trasfusioni di cioccolata, ospedali sempre più a misura di bambino

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Trapianti di nasi rossi e trasfusioni di cioccolata, ospedali sempre più a misura di bambino
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L’ospedale, una struttura che incute timore, ancor di più quando sei un bambino e tutto intorno a te appare freddo e lontano dalla quotidianità, dai colori dei tuoi giochi, dall’odore della tua casa, dal calore del tuo letto, lontano da mamma e papà

“Troppi camici bianchi, troppe parole difficili, tutti intorno a me, andate via! Non sto bene e voi continuate a farmi male,voglio andare a casa. No, la siringa, no! Il prelievo no! Voglio andare via”.

“Qualcuno che bussa alla porta, un signore con il naso rosso mi chiede di entrare in stanza, è un po’ strano, la mamma mi sorride e annuisce con la testa ma io non mi fido, non voglio nessuno e grido “No” con tutto il fiato che ho. “Naso Rosso” sembra triste, ma sorride, mi saluta e va via. Finalmente ho deciso io, le decisioni le prendo io… Però chi sa che voleva? Dove sarà andato? Forse è meglio seguirlo, è meglio dare un’occhiata, mi nascondo dietro la porta così lui non mi vede… eccolo in corridoio… fa scoppiare bolle di sapone, ci sono gli altri bambini, quasi quasi esco e resto con loro..”

Parlare di infermieri clown come espressione dell’high touch può sembrare ripetitivo, scontato, ma in una sanità sempre più evoluta sempre più high tech, il fattore umano rappresenta la chiave di successo; l’unico fattore di superiorità competitiva rimasto in ogni contesto sono le persone che con i loro cuori e i loro cervelli sono capaci stabilire una relazione, essere accolte, avere un’esperienza condivisa soprattutto in ambito pediatrico.

L’high touch per un bambino parte dal sorriso, dal gioco, dalla condivisione, da un infermiere che si pone con atteggiamento di ascolto.

Gli infermieri clown entrano nella stanza dei piccoli pazienti chiedendo sempre prima l’autorizzazione, non si impongono mai, il volere del bambino è rispettato in quanto l’infermiere clown cerca di lavorare sul bisogno che in quel momento è più forte.

Il “NO” diventa per il piccolo paziente liberatorio, un’acquisizione di potere in un contesto che non da spazio alle sue decisioni, molto spesso infatti i bambini non sono refrattari al clown, sono solo arrabbiati e l’infermiere rispetta quel sentimento; non è inconsueto che dopo poco lo stesso bimbo si ritrovi tra i corridoi con una spada di palloncini a giocare ai pirati.

Le regole per essere un infermiere clown sono semplici, si opera solitamente in coppia, ciò consente l’improvvisazione su più fronti e il sostenersi vicendevolmente davanti ad un “pubblico difficile”.

Bisogna indossare un camice bianco, con disegni a piacimento, con bottoni spaiati e colorati, mai la parrucca, perché è un camuffamento troppo vistoso che può creare distacco e naturalmente si deve indossare il naso, rigorosamente rosso, è un clichè da non sottovalutare. Ed ecco che tutto cambia forma, stetoscopi giganteschi, fonendoscopio a girasole, “il puzzometro” composto da un siringone che calcola il livello di puzza dei piedi.

Trapianti di nasi rossi, trasfusioni di cioccolata, i fazzoletti che spariscono, i libri che magicamente si colorano; tutto accade grazie a un soffio che diventa magico dopo l’infusione endovenosa.

La pediatria si caratterizza per la sua complessità intrinseca, nel corso degli ultimi anni sono molti gli esempi che ci mostrano come gli ospedali ed i professionisti sono sempre più attenti alle esigenze dei piccoli utenti, ridisegnando un ospedale a misura di bambino, tante sono le iniziative internazionali proposte sia a livello aziendale che personale.
Chi non è rimasto estasiato dai lavavetri vestiti da supereroi al Lurie Children’s Hospital di Chicago o all’ospedale di Raleigh negli Stati Uniti, o il dolce “matrimonio da sogno”, visualizzato da oltre14milioni di utenti su Facebook, celebrato il 16 luglio 2015 nell’Albany Medical Center Hospital dello stato di New York tra la piccola Abby Sayles, affetta da leucemia e il suo infermiere preferito Matt Hickling (VEDI).

Ed ancora l’avventurosa sala tac del Presbyterian Morgan Stanley di New York trasformata in nave dei pirati, o la nuovissima ‘barella taxi’ novità del Sant’Anna di Ferrara, per rendere più diverte il tragitto dei piccoli pazienti alle sale operatorie.

Molto è stato fatto, ma la strada è ancora lunga in quanto il rapporto professionista-utente è ancora troppo radicato sul modello di “distacco professionale”, d’imparzialità, mentre i bambini con la loro disarmante forza esprimono il bisogno di allegria e divertimento a discapito del dolore, della malattia e della morte.
Nella ricerca della vera innovazione gli infermieri, con i loro valori e la loro capacità innovativa e progettuale, sono per un’assistenza socialmente ed eticamente responsabile, vicina alla persona, vicino al bambino, rispettosa dei bisogni del singolo e della collettività.
L’infermieristica infatti è l’arte della presenza dove la persona è al centro della relazione di cura, il contenuto essenziale del rapporto che lega l’infermiere al paziente è l’impegno di e per una presenza umana, non infallibile, ma indefettibile, non onnipotente, ma sapiente: una presenza umana, quindi, carica di ragioni, in tutte le possibili valenze, tecnico-scientifiche e morali, e di reale affezione, come volontà di aiuto e condivisione.

Federica Olivazzi

 

Sitografia e Bibliografia

www.nasirossi.altervista.org

www.greenme.it

www.ilfattoquotidiano.it

www.giornalettismo.com

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