La Ausl Toscana Sud Est dopo aver avviato la sperimentazione dell’infermiere di famiglia e comunità iniziata in Valdichiana aretina e Valdarno la estende in tutta la Asl con l’arrivo di 133 infermieri.
Arriva la nota della Ausl che ribadisce l’importanza dell’infermiere di famiglia e comunità (IFC).
“Una nuova figura, vicina e amica, nello scenario della sanità: è l’infermiere di famiglia e comunità. Fase sperimentale in Valdichiana e in Valdarno. Poi sarà la volta dell’intera Asl. I primi ad entrare in attività sono, in questi giorni, infermieri esperti e già in organico Asl che hanno seguito appositi corsi di formazione. Poi sarà la volta dei nuovi assunti, 133 nell’intera Asl Toscana sud est. Ci saranno 8 infermieri ogni 50.000 abitanti: 55 nella provincia di Arezzo, 43 in quella di Siena e 36 in quella di Grosseto”, si legge nella nota.
“L’infermiere di famiglia – ha ricordato stamani Simona Dei, Direttrice Sanitaria della Asl Tse – è un elemento basilare del sistema socio sanitario toscano, una figura di riferimento per le persone. La sua attività si integra con quelle del medico di medicina generale, del pronto soccorso, dei servizi sociali e territoriali per realizzare un’unica presa in cura delle persone soprattutto fragili e complesse“.
“La nostra Asl – ha aggiunto il Direttore generale, Antonio D’Urso – crede fortemente nel ruolo dell’infermiere di famiglia. E l’approccio messo in atto sia dall’Ordine dei medici che da quello degli infermieri, rafforza e convalida questa impostazione: nessun antagonismo ma una sintesi positiva che aumenta la qualità dei servizi per le persona e rassicura l’Azienda sanitaria”.
Giovanni Grasso, Presidente dell’Ordine degli infermieri di Arezzo e Coordinatore toscano della categoria, ha sottolineato come “il modello dell’infermiere di famiglia si è positivamente affermato in ogni realtà italiana dove è stato sperimentato. Il confronto con l’Asl Toscana sud est è fondamentale perché il progetto possa ulteriormente migliorare, rafforzando l’integrazione con l’Assistenza Domiciliare e il Medici di medicina generale”.
E il Presidente provinciale di quest’ultimi, Lorenzo Droandi ha ricordato “come da anni il nostro Ordine sollecitasse interventi sul territorio, rafforzando soprattutto il personale. Il medico di medicina generale non può fare tutto da solo e l’infermiere di famiglia aiuterà nella cura delle persone e collaborerà alla risposta delle persone che hanno bisogno di essere prese in carico e accompagnate nei loro percorsi di cura”.
La concreta attività dell’infermiere di famiglia e di comunità è stata illustrata da Lorenzo Baragatti, Direttore del Dipartimento delle professioni infermieristiche e ostetriche della Asl Tse: “opera sulla presa in carico dei bisogni a tre livelli – spiega. Il primo è il suo rapporto individuale con le famiglie di cui diventa, ovviamente insieme al medico di base, un punto di riferimento personale: un professionista conosciuto e che conosce la famiglia per la quale opera. Il secondo livello è quello di gruppo, attraverso interventi che si rivolgono a gruppi di persone organizzati in funzione di specifici bisogni di salute. Infine il livello comunitario attraverso azioni preventive e educative rivolte alla popolazione. La collaborazione tra più professionalità crea le condizioni per creare Piano assistenziale integrato e personalizzato”.
Il progetto della Asl Tse vede gli infermieri di famiglia e comunità non come un piccolo nucleo di infermieri dedicati a questa attività ma come modalità di lavoro e di assistenza orientate alla persona, alla famiglia ed alla comunità proprie di ogni infermiere operante nei diversi ambiti servizi territoriali.
“Il nostro modello – ha proseguito Baragatti – vede l’IFC prossimo alla famiglia e alla comunità. E’ il professionista che intercetta e riconosce in modo precoce i bisogni latenti della popolazione di riferimento, conosce la rete dei servizi presenti in quello specifico territorio ed è quindi in grado di orientare e facilitare l’accesso appropriato e tempestivo dell’utente a tutti i servizi della rete.
L’IFC utilizza la propria competenza e professionalità in ambito educativo, preventivo e curativo per ottimizzare l’utilizzo di risorse e strumenti presenti nella famiglia. Intercetta rapidamente i bisogni, attraverso anche la valutazione degli elementi di rischio, avvalendosi delle risorse di comunità, si fa garante della presa in carico lungo l’intero percorso assistenziale e nella continuità delle cure.
Cura il monitoraggio dello stato di salute degli assistiti, mediante visite domiciliari, monitoraggi telefonici, telemedicina, l’educazione dei care giver e svolge programmi di supporto all’autocura consentendo l’accesso precoce ed appropriato ai vari servizi presenti sul territorio, presidia i passaggi di setting assistenziale, con particolare riguardo agli aspetti più critici della continuità delle cure. Persegue gli obiettivi definiti dal nuovo modello di sanità di iniziativa.
L’IFC opera secondo una logica multiprofessionale garantita dai piani assistenziali personalizzati per rispondere al bisogno globale del singolo assistito, superando così la logica tipicamente prestazionale, in raccordo diretto con il medico di medicina generale, il medico di comunità, gli assistenti sociali, i professionisti della riabilitazione”.
Redazione NurseTimes
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