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Torino, l’Heart Team del Maria Pia Hospital salva donna che nessuno operava

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Torino, l’Heart Team del Maria Pia Hospital salva donna che nessuno operava
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Un grave caso di dissezione aortica, rifiutato da molti ospedali (anche perché la paziente, testimone di Geova, rifiutava le emotrasfusioni), risolto con un intervento di Debranching con tecnica bloodless.

In giro per l’Italia alla ricerca di un ospedale di Alta Specialità che le potesse dare la speranza di operarsi e salvarsi la vita. La diagnosi della donna era chiara per tutti: dissezione aortica toracica di tipo B, aggravata da una persistente anemia e da una malformazione congenita detta arco aortico bovino, molto comune e spesso associata a ipertensione arteriosa, diabete, dislipidemia.

Un caso estremamente complesso e difficile che metteva i medici in seria difficoltà di operare, anche perché la paziente, una pugliese di 62 anni, testimone di Geova, rifiutava per motivi religiosi le emotrasfusioni ritenute indispensabili dagli altri ospedali consultati per la buona riuscita dell’intervento.

Per tre mesi l’equipe multidisciplinare di esperti dell’Heart Team del Maria Pia Hospital – ospedale di Alta Specialità di GVM Care & Research – ha monitorato la paziente 24 ore su 24, studiando il caso, confrontandosi con ripetute sedute tra cardiochirurghi, chirurghi vascolari, vascolari interventisti, anestesisti e perfusionisti, coinvolgendo anche due bioingegneri per la ricostruzione in 3D dell’aorta della paziente e per il planning endoprotesico.

Torino, l’Heart Team del Maria Pia Hospital salva donna che nessuno operava 1
La dottoressa Chiara Comoglio.

La situazione clinica così complessa della paziente ha coinvolto tutto il nostro Heart Team – racconta la dottoressa Chiara Comoglio, responsabile dell’Unità operativa cardio-toraco-vascolare dell’ospedale torinese. – Era evidente la necessità di agire tempestivamente ed è stata adeguatamente individuata la condizione di progressiva rottura. La tecnica bloodless, che già in passato ci aveva permesso di intervenire con ottimi risultati in una situazione che non consentiva l’uso di trasfusioni, ci ha permesso anche in questo caso di operare con una minima dispersione di patrimonio ematico, nonostante le difficoltà congenite della paziente”.

La donna è stata così sottoposta a un intervento cardiochirurgico e di chirurgia vascolare di Debranching (riposizionamento) dei tronchi sovraortici e impianto di endoprotesi toracica. Un’operazione estremamente delicata, durata 11 ore, che ha coinvolto undici specialisti: i cardiochirurghi Chiara Comoglio, Riccardo CasabonaAlessandro Dyrda e Samuel Mancuso; i chirurghi vascolari Ferruccio Ferrero, Ilaria Visentin e Teodoro Meloni; i cardioanestesisti Paolo Costa e Mario Lupo; i due bioingegneri impegnati nella ricostruzione 3D del torace della paziente e nel planning endoprotesico.

“La rottura della parete aortica iniziava proprio in corrispondenza dell’emergenza dell’arteria succlavia sinistra – commentano i cardiochirurghi dell’Heart Team, Samuel Mancuso e Alessandro Dyrda –. Pertanto il Debranching ha permesso di riposizionare i vasi epiaortici (tronco brachiocefalico, carotide sinistra e arteria succlavia di sinistra, normalmente emergenti dall’arco aortico) in aorta ascendente, in modo che la perfusione dell’encefalo e degli arti superiori fosse in seguito protetta. Il riposizionamento dei tronchi sovraortici era reso più complesso dalla presenza di una malformazione chiamata ‘arco bovino’, nella quale invece di esserci tre diramazioni separate, le prime due confluiscono da un’unica grossa diramazione, più complessa da interrompere e riallocare senza che cervello e distretti superiori ne risentano. L’endoprotesi ha quindi escluso la rottura dal flusso, chiudendo quella che in termine tecnico viene chiamata la ‘finestra di entrata’ della dissezione di tipo B, ovvero l’area in cui il sangue entra a pressione andando ad abitare il falso lume della dissezione”. 

La paziente, dopo un periodo in osservazione e in seguito a un’adeguata riabilitazione, adesso sta bene e potrà tornare alla propria quotidianità.

Redazione Nurse Times

 

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