Il farmaco diventato ormai salvavita per milioni di diabetici al mondo compie proprio oggi 97 anni.
Stiamo parlando dell’insulina, ormone proteico secreto dalle cellule delle isole di Langerhans del pancreas, che stimola l’assunzione del glucosio nelle cellule muscolari e adipose e, insieme al glucagone, partecipa alla regolazione dei livelli ematici di glucosio; viene utilizzato nella terapia del diabete mellito.
Il 17 maggio 1922, venne iniettata per la prima volta da un gruppo di scienziati dell’Università di Toronto.
Gli studiosi si recarono in un reparto ospedaliero che ospitava bambini affetti da patologia diabetica. Tale malattia era considerata pressoché incurabile, costringendo la maggior parte dei malati ad una morte per chetoacidosi diabetica, dopo un periodo in stato comatoso.
Le stanze che accoglievano questi piccoli pazienti erano gremite di genitori che vegliavano i propri bambini morenti
Gli scienziati passarono da un letto all’altro iniettando una nuova soluzione purificata nei bambini: si trattava dell’insulina.
ACon il passare del tempo un bambino si risvegliò dal coma. Alcuni minuti dopo toccò al secondo finché tutti quelli ai quali era stata somministrata l’insulina ripresero conoscenza.
Quei due ricercatori erano il Dr. Banting ed il Dr. Best, ritenuti i padri dell’insulina.
La patologia diabetica è stata studiata per migliaia di anni. Addirittura gli antichi Greci ne erano a conoscenza e diagnosticavano la malattia assaggiando le urine del paziente.
La consapevolezza che alcune caratteristiche delle urine ed il livello di sete riferito dal paziente è cresciuta nel corso dei secoli.
Nel XIX secolo i fisiologi capirono che il pancreas fosse coinvolto nei processi energetici dell’organismo, pur non comprendendo il ruolo diretto della ghiandola nella patologia diabetica fino al 1890. Due fisiologi dell’epoca effettuarono un esperimento rimuovendo il pancreas di un cane.
Notarono che dopo l’asportazione di tale ghiandola, gli animali manifestassero gravi forme di diabete nel giro di non più di tre settimane, manifestando sintomi quali iperglicemia, coma diabetico e morte per chetoacidosi.
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