Si discute su questa possibilità, che potrebbe alleviare il problema delle code in farmacia.
Mercoledì scorso centrodestra e Italia Viva hanno votato contro il parere favorevole del Governo, affondando un emendamento al Decreto Covid, a firma Castaldi (M5S) – De Petris (Leu), che avrebbe consentito alle parafarmacie, il cui titolare è un farmacista, di far effettuare test molecolari e antigenici rapidi. Contro la modifica si è schierata anche Forza Italia, il cui vicepresidente della Camera, Andrea Mandelli, dal 2009 è presidente della Federazione Ordini farmacisti italiani (Fofi).
“Una vergognosa interferenza lobbistica – ha commentato polemicamente Davide Giuseppe Gullotta, presidente della Federazione nazionale parafarmacie (Fnpi) –. Non c’è concorrenza: stiamo parlando di un mercato che resta ad appannaggio delle 19mila farmacie presenti in Italia, che detengono anche il monopolio dei medicinali di fascia C con obbligo di prescrizione. Una lobby talmente potente da riuscire a bloccare il processo di liberalizzazione iniziato nel 2006″.
“Questo è il quinto emendamento bocciato dal Parlamento – ha detto Daniele Viti, presidente dell’Unione nazionale farmacisti titolari di sola parafarmacia (Unaftisp) –. In alcune circostanze le motivazioni sono state scandalose, come quelle della Ragioneria, che ha affermato che non vi erano coperture, quando si trattava solo di redistribuire la possibilità di fare i tamponi, evitando le file in farmacia. O che le parafarmacie erano un esercizio di vicinato, come se non vi esercitasse un farmacista”.
In Lombardia, intanto, i consiglieri regionali del M5S hanno presentato una mozione che chiede di dare anche alle parafarmacie e agli infermieri di libera professione la possibilità di effettuare tamponi antigenici e di essere autorizzati ad accedere al sistema regionale di registrazione dei tamponi. Un modo di ovviare, almeno in parte, al problema delle code nelle farmacie e delle liste d’attesa per effettuare un tampone antigenico.
Secondo i dati resi noti dalla sezione lombarda di Unaftisp, e da Fnpi, Culpi (Confederazione nazionale libere parafarmacie italiane) e Federardis (Federazione farmacisti e disabilità), in Lombardia ci sono 500 parafarmacie con una distribuzione capillare sul territorio, molte delle quali già legate al Ssn – tramite una convenzione per la distribuzione di alimenti per celiaci – e disponibili a contribuire alla gestione dell’emergenza. Discorso analogo per gli infermieri di libera professione, che Opi Milano, Lodi e Monza Brianza stima in circa 1.800 unità, al momento non autorizzati ad accedere al sistema regionale di registrazione dei tamponi.
“Abbiamo assistito tutti alle lunghissime code formate da chi cercava di sottoporsi a un tampone – dichiara Gregorio Mammì, consigliere regionale del M5S, segretario della Commissione Sanità e primo firmatario della mozione -. Così come abbiamo constatato ancora una volta che i cittadini lombardi sono costretti a pagare la sanità privata per ottenere servizi sanitari rapidi. Eppure già nel 2020 avevamo avvertito Regione delle carenze dell’organizzazione della rete per gestire i tamponi. Mancanze che hanno mostrato di nuovo i loro limiti in questo periodo e a cui si potrebbe rimediare almeno in parte. Il sistema regionale al momento è chiuso per le parafarmacie, che in Lombardia sono quasi 500, e agli infermieri liberi professionisti, che solo su Milano Lodi e Monza sono 1.800. In questo modo avremmo immediatamente centinaia di professionisti sanitari disponibili per allentare la pressione sulle farmacie o gli hub ospedalieri. Personale a cui si potrebbe poi anche permettere di somministrare vaccinazioni e stampare Green Pass, sempre con la stessa ottica di ampliare la rete di controllo della pandemia“.
Chi invece è boccia l’idea dei consiglieri pentastellati lombardi è Annarosa Racca, presidente di Federfarma Lombardia: “Si tratta di una norma nazionale, e Regione Lombardia deve seguire le direttive del Governo. Il servizio farmaceutico è regolato da precise leggi, mentre le parafarmacie sono attività commerciali, e tali devono restare. Questa è la battaglia che portano avanti i centri commerciali, dove si trovano la maggior parte delle parafarmacie, perché vorrebbero ampliare le loro competenze con la vendita dei farmaci, cosa a oggi non possibile. Tra l’altro, dopo l’impennata delle festività natalizie, la situazione sta tornando alla normalità e le farmacie riescono ad assorbire le richieste dei cittadini”.
Redazione Nurse Times
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