Da avamposto per la tutela della salute proclamato più volte eroe, troppo spesso caricato di responsabilità altrui a professione sempre meno ambita, sempre meno rispettata e sempre meno valorizzata. L’infermiere oggi vive una stagione paradossale, un momento storico forse inaspettato ma che di certo, la scarsa lungimiranza della classe politica, ha contributo a realizzare negli anni.
In Italia, come evidenziato dalla Corte dei Conti nell’analisi della Nadef 2023, attualmente mancano tra i 60.000 e i 70.000. Dovremmo avere un infermiere ogni sei pazienti ma ad oggi negli ospedali pubblici il rapporto è di un solo un infermiere per 10 o anche 12 pazienti. In alcune strutture private si arriva a 20 pazienti per un solo operatore sanitario”. “La media in Europa è di 2,59 infermieri per medico. In Italia siamo all’1,49. In pratica quasi alla metà”.
Quanti credono realmente che la dimensione dell’infermieristica, intesa come essere ed agire professionale, sia effettivamente considerata e riconosciuta negli ambiti dell’epistemologia e del sociale, come formazione e responsabilità correlate meriterebbero?
E’ evidente che l’infermiere vive un riconoscimento ancora troppo ridimensionato, non congruente con i livelli di responsabilità che gli sono richiesti e tale aspetto influisce negativamente sulla considerazione pubblica a discapito del riconoscimento della propria immagine sociale.
L’aspetto “popolare” è solo uno degli ambiti a carico dei quali andrà continuato e rafforzato il programma di affermazione della professione, affermazione che deve passare inesorabilmente dalle scuole e finanche dalle famiglie.
C’è l’esigenza di immaginare una società genitoriale che veda nei propri figli degli infermieri così come degli avvocati, ingegneri o dei medici.
C’è l’esigenza di immaginare una società che riconosca il ruolo di elevata e decisiva importanza all’interno dell’intero sistema sanitario e che promuova, sempre più concretamente tra gli studenti, il decoro ed il prestigio della professione.
Come FIALS abbiamo dato ampio risalto alla questione facendone uno degli obiettivi del manifesto programmatico di sigla.
“Vogliamo diventare catalizzatori di attenzioni, di idee, riflessioni e anche di critiche, perché tutto questo darà vita e vitalità al nostro lavoro e significherà che Fials sarà un soggetto di comunicazione, di informazione e, quindi, di cultura sindacale e sociale“.
L’auspicio è che nel futuro prossimo diventi sempre più imperante l’essenza e non l’apparenza della professione: essenza per ciò che la contraddistingue come categoria e non più l’apparenza in relazione a come viene percepita quotidianamente e che spesso si configura in base all’influenza esercitata dai luoghi comuni, dai modi di dire e dal poco consenso e rispetto nell’opinione pubblica.
La pandemia da questo punto di vista ha solo, almeno inizialmente, attutito questo sentimento che poi è tornato preminente come nel passato negli ultimi mesi e con il quale migliaia di infermieri hanno dovuto fare i conti.
Il monito non trova esente chi, con l’ultimo contratto, era chiamato ad avvalere e dare riscontro alle tesi riportate e che invece si è rivelato superficiale e mancante negli adeguamenti economici e legislativi perché tanto, ed è inutile girarci intorno, passa da qui.
Dott. Vincenzo Chianese, Dirigente Territoriale FIALS Milano Area Metropolitana
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