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Sma di tipo 1, all’Irccs “Besta” il primo trattamento con terapia genica su un bimbo di 4 mesi

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Sma di tipo 1, all’Irccs Besta il primo trattamento con terapia genica su un bimbo di 4 mesi
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Il trattamento con Zongelsma ha avuto successo contro la forma più grave di atrofia muscolare spinale.

Un bimbo di quattro mesi affetto da Sma di tipo 1 (la forma più grave di atrofia muscolare spinale) è stato il primo seguito dalla Fondazione Irccs Istituto Neurologico “Carlo Besta” di Milano ad avere avuto accesso, lo scorso 21 gennaio, nel trattamento con terapia genica Zongelsma, erogata dal Sistema sanitario nazionale. Responsabile del trattamento è il dottor Riccardo Masson, neuropsichiatra infantile dell’Unità di Neurologia dello sviluppo, diretta dalla dottoressa Chiara Pantaleoni, all’interno del Dipartimento di Neuroscienze pediatriche della Fondazione.

La Sma è una malattia caratterizzata da degenerazione dei motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale, cui consegue atrofia e debolezza dei muscoli del tronco e degli arti. È la principale causa genetica di mortalità nei neonati e nei bambini e, a livello mondiale, colpisce circa un neonato ogni 10mila. Negli ultimi anni, accanto a un’adeguata presa in carico dei pazienti, che ha permesso di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita, nuovi approcci terapeutici si stanno dimostrando efficaci nel modificare sensibilmente la storia naturale e spesso il decorso di questa patologia.

“È davvero importante, quando si parla di atrofia muscolare spinale, ovvero di una malattia per la quale fino a pochi anni fa non esistevano terapie, fornire le corrette informazioni riguardo alle terapie disponibili e ai criteri di accesso”, dice il dottor Masson, che ha eseguito il trattamento del piccolo paziente grazie al lavoro coordinato dell’equipe composta anche dalla dottoressa Claudia Dosi, neuropsichiatra infantile, dal personale infermieristico e dai terapisti, in stretta collaborazione con il reparto di Terapia intensiva diretto dal dottor Dario Caldiroli.

Quella con Zolgensma è una terapia genica – approvata a maggio 2020 dall’Ema e inserita a novembre 2020 dall’Agenzia Italiana del Farmaco tra i farmaci innovativi a totale carico del Sistema sanitario nazionale per trattamenti per bambini fino ai sei mesi – che prevede un’unica somministrazione nella vita del piccolo paziente e va a incidere sulla causa genetica alla radice della malattia, sostituendo la funzione del gene SMN1 (quello che codifica la proteina SMN essenziale per il normale funzionamento dei motoneuroni), mancante o non funzionante nei piccoli pazienti.

È importante ricordare che l’Aifa ha approvato questa terapia genica ai sensi della Legge n. 648 del 1996, secondo la quale, in determinate circostanze, il Ssn può erogare medicinali innovativi in commercio in altri Stati, ma non in Italia, o farmaci non ancora autorizzati ma in corso di sperimentazione clinica, o ancora medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, in attesa che venga completato l’iter procedurale ai fini della definizione del prezzo e della rimborsabilità. Al termine di questo iter, che è tutt’oggi in corso, si avranno quindi indicazioni definitive in merito all’età e al peso dei pazienti potenzialmente trattabili con questo farmaco.

“Va subito detto che questa terapia non è adatta a tutti i neonati affetti da Sma, così come va ricordato che non è l’unico trattamento al momento disponibile – sottolinea Masson –. Inoltre bisogna essere molto chiari sul fatto che, al momento, tutti i farmaci a disposizione, non ‘guariscono’ la Sma, ma intervengono sulla progressione della malattia e sono molto promettenti. Fondamentale per intervenire in modo tempestivo continua a essere la diagnosi, soprattutto clinica, che deve essere confermata dall’indagine genetica”.

In Italia, oltre alla terapia genica, esiste un’altra terapia farmacologica fornita dal Ssn che consente di ottenere ottimi risultati: Nusinersen (Spinraza). È un trattamento, approvato da Aifa nel 2017, con il quale fino a oggi, presso l’Istituto “Besta”, sono stati trattati oltre 40 pazienti pediatrici. Prevede un’iniezione intratecale del farmaco (tramite puntura lombare) ogni quattro mesi, con un’azione diretta a livello del midollo spinale. Il farmaco consente la produzione della proteina mancante a partire da un secondo gene normalmente silente, SMN2.

A queste si aggiunge – al momento nel nostro Paese approvato solo per uso compassionevole, mentre negli Stati Uniti è stato approvato dalla Food and Drug Administration ad agosto 2020 per il trattamento dei pazienti sopra i due mesi di vita – il Risdiplam (Evrysdi), un farmaco somministrato per via orale quotidianamente, che presenta un meccanismo di azione simile a quello di Nusinersen. L’Istituto Besta ha svolto un ruolo determinante per giungere a questo primo, importante risultato dato dall’approvazione negli Stati Uniti. E’ stato il centro che, a livello internazionale, ha infatti reclutato il maggior numero di pazienti nell’ambito dello studio multicentrico Firefish (Sma 1), e tra i principali centri dello studio Sunfish (Sma 2 e 3).

Redazione Nurse Times

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