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Sla, farmaco già in uso rallenta la neurodegenerazione

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Sla e demenza frontotemporale, scoperto possibile biomarcatore per diagnosi precoce
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Uno studio condotto da ricercatori della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma e dell’Istituto di Farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ift) suggerisce che la trimetazidina possa contribuire a frenare il decorso della malattia.

Uno studio italiano ha individuato un nuovo potenziale bersaglio terapeutico, evidenziando l’efficacia di un farmaco in un modello preclinico di sclerosi laterale amiotrofica (Sla) nel rallentare la progressione della neurodegenerazione e nell’aumentare la sopravvivenza dei modelli murini.

La Sla è una malattia neurodegenerativa grave dell’età adulta, progressivamente invalidante, dovuta alla compromissione dei motoneuroni (le cellule responsabili della contrazione dei muscoli volontari) spinali, bulbari e corticali, che conduce alla paralisi dei muscoli volontari fino a coinvolgere anche quelli respiratori.

Una parte rilevante dei pazienti affetti da Sla mostra un dispendio energetico aumentato, ovvero una condizione in cui viene utilizzata più energia di quella necessaria. Questa alterazione, detta ipermetabolismo, insieme ad una diminuzione dell’indice di massa corporea, è in genere correlata con una prognosi peggiore della malattia.

Il gruppo di ricerca, coordinato da Alberto Ferri e Cristiana Valle, della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma e dell’Istituto di Farmacologia traslazionale del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ift), ha dimostrato che i meccanismi molecolari alla base delle disfunzioni metaboliche correlate con la Sla possono essere normalizzati da un farmaco, la trimetazidina, suggerendo che questo approccio possa contribuire a rallentare il decorso della malattia.

Il farmaco, già in uso per altre patologie, è stato sperimentato su un modello murino di Sla dove ha agito ripristinando il corretto bilancio energetico cellulare e ostacolando lo sviluppo di processi infiammatori e neurodegenerativi, sia nel midollo spinale che nel nervo periferico. Questa azione neuroprotettiva si è manifestata rallentando la degenerazione dei motoneuroni e della giunzione neuromuscolare e incrementando la forza muscolare. Questo importante risultato è frutto di uno studio preclinico finanziato da Fondazione AriSLA, che ha coinvolto diversi centri nazionali ed internazionali ed è stato pubblicato sulla rivista scientifica British Journal of Pharmacology.

“Il nostro laboratorio si occupa da anni della comprensione dei meccanismi molecolari che sono alla base delle disfunzioni metaboliche precoci nella Sla – spiega Alberto Ferri, ricercatore del Cnr-Ift e responsabile del Laboratorio di Neurochimica della Fondazione Santa Lucia IRCCS di Roma, dove si è svolto lo studio –. L’obiettivo che ci siamo posti è identificare nuovi potenziali approcci terapeutici promuovendo sia lo sviluppo di nuovi farmaci che l’utilizzo di farmaci già approvati, come la Trimetazidina, oggetto di questo studio. L’utilizzo di questo farmaco, che agisce come modulatore metabolico e già utilizzato nella terapia delle disfunzioni coronariche, ha permesso di normalizzare la spesa energetica in un modello preclinico, migliorando le performance motorie e prolungando in modo significativo la sopravvivenza degli animali. Siamo soddisfatti di questi risultati, che hanno contribuito a disegnare uno studio clinico pilota condotto dal gruppo di ricerca australiano dell’Università di Queensland, con cui abbiamo collaborato, per verificare innanzitutto la sicurezza di questo farmaco in pazienti fragili come quelli affetti da Sla”.

“Siamo molto felici di aver sostenuto questo studio preclinico, che ha prodotto risultati così importanti su aspetti rilevanti nell’identificare sul modello animale potenziali bersagli terapeutici e consentire l’avvio di uno studio clinico nello stesso ambito di ricerca – commenta il presidente di Fondazione AriSLA, Mario Melazzini. Siamo consapevoli dell’urgente bisogno di terapia per le persone che combattono contro la malattia, ma è necessario rispettare i tempi della ricerca, affinché si valuti la sicurezza e l’efficacia di ogni nuovo approccio terapeutico. Il nostro impegno come Fondazione è di continuare a investire nell’eccellenza della ricerca con l’obiettivo di poter ottenere ulteriori risultati utili alla sconfitta della malattia”.

Redazione Nurse Times

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