È possibile posticipare di ben 18 mesi una SCA (Sindrome Coronarica Acuta) grazie ad un intervento invasivo precoce
C’è stata la prima sperimentazione randomizzata a mostrare una riduzione dei decessi o dell’infarto miocardico con l’adozione di una strategia di trattamento precoce invasivo, rispetto ad uno non invasivo, nei pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST. Qui si fornisce una prospettiva dell’aspettativa di vita in relazione agli effetti su tutti gli eventi cardiovascolari nel corso del follow-up di 15 anni.
La sperimentazione in questione è di tipo prospettica, randomizzata, multicentrica FRISC-II ed è stata condotta presso 58 centri scandinavi in Svezia, Danimarca e Norvegia.
Tra giugno 1996 e agosto 1998, 2.457 pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST sono stati assegnati in maniera casuale (1:1) a un trattamento precoce basato su due diverse strategie:
- una invasiva, mirata alla rivascolarizzazione entro 7 giorni,
- una non invasiva, con procedure invasive al momento della recidiva sintomatologica o in caso di grave ischemia da sforzo.
Alla randomizzazione sono stati analizzati i biomarcatori.
Per gli esiti a lungo termine è stato eseguito il collegamento dei dati con i registri sanitari nazionali. L’endpoint primario era composito, costituito da morte o infarto miocardico.
A 15 anni di follow-up, il 31 dicembre 2014, erano disponibili dati inerenti allo stato di sopravvivenza e alla morte relativi a 2.421 (99%) dei 2.457 pazienti arruolati inizialmente, e dati inerenti ad altri eventi verificatisi dopo due anni relativi a 2.182 pazienti (89%).
Nel corso del follow-up, la strategia invasiva ha posticipato la morte o l’infarto miocardico successivo di una media di 549 giorni (IC al 95% 204-888; p=0,0020) rispetto alla strategia non invasiva.
Questo effetto ha avuto portata più ampia nei non fumatori (aumento medio 809 giorni, IC al 95% 402-1175; interazione p =0,0182), nei pazienti che presentavano livelli elevati di troponina T (778 giorni, 357-1165; interazione p =0,0241) e nei pazienti con alte concentrazioni del fattore 15 di crescita e differenziamento (1356 giorni, 507-1650; interazione p =0,0210).
La differenza è stata determinata principalmente dal differimento del nuovo infarto miocardico, mentre la differenza iniziale nella sola mortalità non è stata sostenuta nel tempo. La strategia invasiva ha condotto a una media di 1.128 giorni (IC al 95% 830-1.366) di differimento della morte o del successivo ricovero ospedaliero per cardiopatia ischemica, che è stata coerente in tutti i sottogruppi (p<0,0001).
Durante i 15 anni di follow-up, nei pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST, il trattamento precoce con una strategia invasiva ha posticipato la manifestazione della morte o dell’infarto miocardico successivo di una media di 18 mesi e il successivo ricovero ospedaliero per cardiopatia ischemica di 37 mesi rispetto alla strategia non invasiva.
Questa prospettiva dell’aspettativa di vita supporta una strategia di trattamento invasivo precoce quale opzione di scelta nella maggior parte dei pazienti con sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST.
CALABRESE Michele
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