”Gentile Redazione,
siamo un gruppo di Infermieri siciliani in servizio presso diversi Ospedali pubblici d’Italia.
Ci ritroviamo a scrivere questa lettera per portare alla luce, ancora una volta, una problematica che per molti della nostra categoria sembra non avere mai fine.
Da oltre 11 anni la Sicilia non bandisce un concorso pubblico per l’assunzione a tempo indeterminato di Infermieri, a differenza di ciò che regolarmente accade nel resto d’Italia; ciò mette noi professionisti di fronte ad una scelta: restare in Sicilia e lavorare negli Ospedali pubblici siciliani da precari attraverso incarichi a tempo determinato, nella speranza di poter maturare quanto prima i requisiti per poter ottenere una stabilizzazione contrattuale, oppure studiare, girare l’Italia per cercare di superare un concorso pubblico e infine emigrare definitivamente lontano dalla propria terra e dai propri affetti.
Non è tutto: oltre al danno permanente dei mancati concorsi pubblici, vi è la beffa rappresentata dai bandi di mobilità banditi e il più delle volte disattesi nel corso degli anni, spesso l’unica speranza per il tanto agognato ritorno a casa.
Nello specifico, la nostra situazione è quella che ci vede partecipanti al bando di Mobilità regionale ed interregionale che la Sicilia bandisce nel novembre 2019; questa procedura deve essere espletata, secondo quanto riportato dal bando, attraverso una valutazione dei titoli posseduti e un colloquio conoscitivo, al fine di valutare le esperienze e le competenze possedute dai singoli candidati.
Nel giugno 2020 viene pubblicata una lista di idonei ai requisiti espressi dal bando. Da allora siamo in attesa di svolgere questo colloquio tanto atteso, che ci possa permettere di rientrare nella graduatoria da cui man mano verranno chiamati gli idonei in base alle necessità delle Aziende Ospedaliere che vi attingeranno.
L’emergenza Covid ha inesorabilmente lasciato finire questa procedura nel dimenticatoio, con la contestuale indizione di numerosi avvisi pubblici per l’attribuzione di incarichi di emergenza a tempo determinato e l’incessante immissione di personale precario nel circuito degli Ospedali pubblici siciliani per coprire mancanze storiche oltre che le nuove dovute all’emergenza. Insomma, il Covid ha ulteriormente rallentato e destabilizzato un sistema che reggeva su basi poco solide, evidenziando ancor di più carenze e inefficienze croniche di lungo corso.
La proroga della legge Madia per il superamento del precariato favorisce ulteriormente questo sistema disomogeneo, col personale precario che, alla fine dei giochi, si ritroverà assunto a tempo indeterminato senza aver mai superato una seria selezione concorsuale, coprendo dei posti che, in una situazione del tutto regolare, spetterebbero a coloro che hanno scelto di allontanarsi dalla propria Regione per superare un concorso pubblico a tempo indeterminato e che vorrebbero tornare a casa attraverso un percorso regolare e lineare.
Questa situazione paradossale pesa talmente tanto sulla psiche degli Infermieri emigrati che non sono rari i casi di chi decide di lasciare la certezza del proprio posto a tempo indeterminato in un Ospedale del Nord per tornare in Sicilia e lavorare come precario pur di riavvicinarsi ai propri affetti senza dover aspettare tempi biblici. A ciò si aggiunga l’ulteriore stress indotto dall’attuale situazione di emergenza, con turni di lavoro massacranti e spesso vissuti in solitudine a causa delle restrizioni.
Tutto questo avviene sotto gli occhi dei sindacati, che non hanno mai preso una posizione certa e definite per risolvere la questione, anzi foraggiando indirettamente discriminazioni pericolose all’interno della categoria.
Per tutte queste motivazioni, chiediamo che cessi il muro di silenzio su questa situazione sgradevole e che il Governo Regionale possa intervenire velocizzando le procedure di mobilità in essere, premiando finalmente il merito e il sacrifico.
Un sistema di assunzioni meritocratico non è soltanto ciò che noi ci auspichiamo, ma quello che la Sanità Siciliana merita, al fine di poter assottigliare le disparità che la relegano molto più indietro rispetto al resto d’Italia.”
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