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Di selfie e di altre offese, lo sfogo di un’infermiera

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E’ di qualche giorno fa la comunicazione, a firma del Direttore Generale della “Direzione Generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del SSN” del Ministero della Salute, che invita gli ordini professionali (quello di medici, infermieri e tecnici di radiologia) ad ergersi a difesa della privacy dei pazienti, ponendo fine al dilagante fenomeno dei Selfie in corsia (VEDI).

Un chiaro, netto NO ai selfie, scattati durante l’esercizio dell’attività lavorativa. Che alcuni professionisti, si siano lasciati prendere la mano dalla moda imperante del Selfie ad ogni costo, andando a ledere il diritto sacrosanto della tutela della Privacy degli ammalati e dell’immagine degli stessi stessi professionisti, è purtroppo sotto i nostri occhi.

Tuttavia, punire i più per le colpe di pochi, è voler vedere solo una parte delle problematiche che affliggono il nostro Sistema Sanitario. Insomma, un po’ come puntare il dito alla luna senza vedere l’immensità del cielo.

Di seguito, lo sfogo, uno dei tanti che circolano in rete in questi giorni, che rappresentano il comune sentire di molti professionisti. Ci piacerebbe che si affrontassero seriamente i problemi che affliggono pazienti e professionisti, senza proclami ad effetto.

Due volti di una stessa medaglia, quella che teme che il principio del “Diritto alla salute” enunciato dall’art. 32 della nostra Costituzione rimanga, a furia di tagli lineari, solo un bellissimo principio.

Rosaria Palermo

“Egregia Ministro della Salute, appoggio il fatto che fare selfie in servizio, quando questi violano la privacy dei pazienti, è sicuramente poco etico e professionale. Io stessa non approvo manie di protagonismo e fotografie che immortalano momenti di disagio per gli utenti. Ci mancherebbe altro.

Ma visto che di offese si parla, ce n’è un’altra, quella che Voi “ai piani alti” recate ogni giorno a cittadini e professionisti, ovvero, il non rispetto per il bene più importante della società: la salute.

Come? Semplice, non rispettando il lavoro e di conseguenza i malati.

Non avete mai cavalcato i reparti come facciamo noi, non vi siete mai degnati di osservare quanto i professionisti siano in preda ad orari massacranti, organizzazioni obsolete, riforme inesistenti sul piano pratico, offese ed aggressioni fisiche e verbali, riposi saltati e tempo che togliamo alle nostre famiglie ed affetti.

No, non vi siete mai degnati con devozione.

Perché la salute è un business, è un metodo per “fare soldi”, sulla pelle di gente che lavora ed assistiti che si sentono persi.

Ma chi siede sulle poltrone come voi, non ha di questi problemi perché non subirete mai lunghe liste d’attesa e, nella necessità, avrete sempre un letto disponibile con file di medici ed infermieri impettiti a vostro servizio. Cosa ne volete sapere voi.

Vi limitate a buttare in aria quattro parole senza senso, ignorando realmente quanto siano profonde le ferite sulla pelle di chi lavora in sanità.

Quali emozioni, dolori, frustrazioni e fatiche. Perché “l’ignoranza” è la vera malattia. Malgrado tutto, noi siamo sempre qui.

Capisco che un diploma classico non è assolutamente sufficiente a fornire le competenze per ricoprire una carica così delicata in materia di salute. Ma forse si tratta anche di altro…di intelligenza emotiva, di umanità.

Vivo in un Paese dove chi non è competente ricopre ruoli importanti, e conosco persone di un certo valore umano e professionale che ancora chiedono “permesso”.

Mi domando se io non abbia sbagliato tutto. Ma mentre mi interrogo, posso essere certa solo di una cosa: noi Infermieri e Medici in corsia, abbiamo sicuramente più palle di voi.

E di noi, avrete tutti bisogno. Pace e bene”.

Luana, Infermiera

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