Si accentua con toni polemici il dibattito nella comunità professionale sui contenuti della nota dell’Azienda Socio Sanitaria Territoriale (ASST) dei Sette Laghi che di seguito esplicitiamo
La Direzione Medica del presidio del Verbano, attraverso una nota, ….impone agli infermieri attività …d’igiene da effettuarsi sulla salma: “…È compito del personale infermieristico curare l’igiene della salma a conclusione della quale la salma verrà trasportata presso la camera mortuaria” come evidenziato nella seguente immagine:
Immediata la presa di posizione dell’Associazione Avvocatura di diritto Infermieristica del dott. Mauro Di Fresco. Egli ha inoltrato una nota di diffida al Direttore Generale dell’A.S.S.T. Sette Laghi e all’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Varese avente come oggetto “diffida ex art. 1218 C.C. – demansionamento – offesa dignità professionale” (VEDI).
A distanza di 15 giorni è arrivata la risposta dell’O.P.I. di Varese indirizzata al direttore Generale dottor Bonelli e al Dottor Di Fresco che vi proponiamo di seguito:
“L’assistenza infermieristica si esplicita con la presa in carico vera della Persona, della famiglia e delle persone significative per l’assistito stesso: in questi termini certamente trova il suo spazio anche la cura della persona deceduta, come ultimo gesto assistenziale finalizzato ad uno degli aspetti più alti della professione infermieristica: dare dignità alla Persona e alla presa in carico dei bisogni della famiglia legati al lutto e alla elaborazione dello stesso. Come anche sancito dagli articoli del codice deontologico degli infermieri citati (35 e 39) la presa in carico non può far riferimento solo ad atti ed azioni, ma deve necessariamente avere il focus sulle persone e sugli outcome: se la vita fisica termina con la morte, la dignità e il rispetto no. La cura igienica della salma rappresenta un dovere deontologico e morale legato al rispetto e alla dignità, come l’igiene al vivente d’altro canto. Disciplinarmente non si rileva offesa né “demansionamento” nell’esecuzione dell’igiene della persona deceduta. Altro discorso è stabilire che sia un “compito” esclusivo dell’infermiere. Senza abusare pretestuosamente della legge interpretandone i significati, ci sentiamo di affermare che il profilo professionale espliciti non un divieto, ma una modalità e opportunità di presa in carico che prevede la gestione di un processo clinico assistenziale all’interno del quale il professionista effettua la valutazione della situazione e provvede a pianificare gli interventi necessari a raggiungimento dell’outcome. La cooperazione con il personale di supporto, che è sottoposto ad un mansionario, prevede una valutazione a priori dei rischi connessi alle attività attribuite. Se la persona deceduta è stata portatrice di “presidi critici” (drenaggi, cannule, eccetera) e l’oss si contamina con liquidi biologici infetti facendo manovre di rimozione non previste normativamente, la responsabilità ricade sul professionista che deve gestire il processo/percorso e che provvederà a verificare che non vi siano rischi specifici che l’operatore di supporto non può affrontare per ruolo. Concludendo: si ritiene che la responsabilità del processo sia Dell’infermiere, ma non necessariamente la sua effettuazione, se non per talune pratiche di controllo (presidi, ferite, eccetera) con garanzia della dignità della persona deceduta. Il trasporto sarà a carico degli Oss o del servizio preposto. Lo scrivente Ordine, pur riconoscendo la solerzia nel riportare una criticità organizzativa, si dissocia dalle modalità utilizzate da Aadi con la nota inoltrata, ritenendole poco funzionali e dannose in quanto, oltre a generare tensioni con gli interlocutori, creano un’immagine verso i cittadini di rivalsa pretestuosa e priva di significato assistenziale. Si ringrazia il collega esperto Luigi Pais dei Mori per la consulenza prestata.
Firmato presidente O.P.I. di Varese dottor Aurelio Filippini”.
La replica dell’Aadi non si è fatta attendere. La nota viene pubblicata a distanza di due giorni con il titolo “L’O.P.I. di Varese pulisce le salme” (VEDI).
Diamo una nostra lettura sui fatti per cercare di orientare i lettori su quelle che sono le rispettive competenze, rispondendo alla domanda iniziale: a chi compete curare l’igiene della salma?
L’infermiere è un professionista sanitario autonomo a cui compete la pianificazione, gestione e valutazione dell’intero processo assistenziale infermieristico. Nell’esercizio delle sue funzioni si avvale dell’aiuto del personale ausiliario/operatore socio saniatrio, secondo le mansioni previste dalle normative istitutive delle due figure ausiliarie. Sull’infermiere, in quanto responsabile, ricadono due tipi di responsabilità dell’operato del personale di supporto:
- Responsabilità in eligendo, quando l’infermiere si avvale del personale di supporto, essendo lui stesso detentore delle competenze decisionali in merito, attribuisce e non delega i compiti previsti dal profilo. La delega, infatti, avviene tra pari con il trasferimento dal delegante al delegato delle responsabilità insita in quel compito. L’infermiere ha, quindi, la responsabilità giuridica dell’attribuzione, cioè quella responsabilità derivante dalla decisione di avere assegnato ad altri un’azione prevista nel contesto della pianificazione dell’assistenza infermieristica. L’infermiere, quindi, nell’attribuzione deve valutare se quel compito rientra nelle competenze del personale ausiliario/di supporto e se quell’operatore ne è capace.
- Responsabilità in vigilando, consistente nella necessità di supervisionare l’operato dei propri collaboratori, controllando l’esito dello stesso.
In definitiva gli errori di pianificazione e attribuzione e l’omessa supervisione chiamano in causa direttamente l’infermiere, mentre gli errori di esecuzione sono responsabilità diretta dell’Oss. Ecco perché è di fondamentale importanza che l’infermiere conosca il mansionario del personale di supporto a lui affidato e sia in grado di pianificare in modo preciso l’assistenza, valutando gli esiti raggiunti.
Il sanitario, quindi, deve procedere ad una corretta pianificazione dell’assistenza, una corretta attribuzione e supervisione. Il processo di attribuzione è composto dalle seguenti fasi:
- giusto compito
- giuste circostanze
- giusta persona
- giuste istruzioni e buona comunicazione
- giusta supervisione
- giusta valutazione
L’infermiere si dovrà quindi domandare se il compito attribuito rientri nelle attività previste dal profilo professionale del personale ausiliario e se risponde ai seguenti requisiti:
- bassa discrezionalità decisoria
- alta riproducibilità tecnica
- basso rischio per l’assistito
Inoltre bisognerà valutare se la circostanza di attribuzione è di routine o di urgenza, se permetterà di supervisionare al meglio, se la persona possiede le capacità e la sufficiente esperienza per eseguire il compito di attribuzione, se è stato formato per l’attività specifica, vista la disomogeneità formativa dei corsi regionali. L’infermiere dovrà ancora porsi nella posizione di spiegare correttamente il compito attribuito, ricorrendo anche alla redazione di procedure, protocolli e piani di lavoro, e verificare la piena comprensione da parte dell’Oss/Ota.
Fatta questa premessa appare evidente che, nel caso specifico, la nota della Direzione Medica dell’Asst Sette Laghi facendo riferimento esclusivamente al personale infermieristico per quanto riguarda l’igiene della salma, si presta a facili deduzioni che spingono verso la tesi del demansionamento a danno degli infermieri.
La nota dell’O.P.I. di Varese, cerca di chiarire alcuni interrogativi, avvalendosi dell’esperienza del dott. Pais, infermiere forense.
In conclusione possiamo affermare che la pulizia della salma non spetta sicuramente all’infermiere, a cui invece spetta l’intero processo assistenziale con l’attribuzione ad operatori di supporto la preparazione della stessa, compresa la rimozione di eventuali presidi.
Ricordiamo infine che non può ricadere alcuna responsabilità sull’infermiere nel caso in cui l’o.s.s. si contamini, così come descritta nella nota dell’O.P.I. di Varese “…omissis… la persona deceduta è stata portatrice di “presidi critici” (drenaggi, cannule, eccetera) e l’oss si contamina con liquidi biologici infetti facendo manovre di rimozione non previste normativamente, la responsabilità ricade sul professionista che deve gestire il processo/percorso e che provvederà a verificare che non vi siano rischi specifici che l’operatore di supporto non può affrontare per ruolo”, in quanto è obbligo del lavoratore indossare i dispositivi di protezione individuali onde evitare ogni rischio da contagio biologico.
Riteniamo quindi di censurare la nota dell’O.P.I. di Varese con la pretesa che l’argomento deve essere oggetto di un intervento risolutivo del FNOPI per il “vulnus” che determina in danno di tutta la professione.
Redazione NurseTimes
Lascia un commento