Le scuole in ospedale non sono solamente, per i piccoli pazienti, un luogo e un momento di apprendimento, ma anche un modo per riavvicinarsi alla normalità, per superare le paure e stare al passo con i coetanei. Un mezzo non meramente pratico, ma che aiuta lo studente e ospite dell’ospedale a abbandonare psicologicamente per un poco la sua situazione di “malato”. Ora arriva a Nurse Times una protesta sulla decisione di non riaprire, in Lombardia, questo servizio.
“Le scuole in ospedale hanno sempre rappresentato un punto d’eccellenza della sanità e del mondo dell’istruzione in Italia – ci scrive un lettore (preferendo mantenere l’anominato) – “dal 14 settembre la porta della scuola è stata aperta i per i bambini degli ospedali di tutte le regioni italiane, tranne che in Lombardia, dove non è stato ancora codificato un protocollo di sicurezza da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale che a tutti i costi si ostina a negare questa realtà anche di fronte all’evidenza”.
Scuole in ospedale che non riaprono
“La realtà attuale è questa: sempre secondo decisioni dell’Ufficio Scolastico regionale e dell’Ufficio scolastico Provinciale, si garantisce la didattica a distanza ai pazienti con ricoveri di più di 15 giorni. Già questa è una presa in giro perché quando un bambino viene ricoverato in pediatria, nessun medico può “nero su bianco” decretare la durata della degenza, ma tanto alla fine si è scoperta la vera causa di tale provvedimento: i docenti delle sezioni ospedaliere sono utilizzati a far da “tappabuchi” (cosa molto denigrante ed umiliante) nelle scuole del territorio. Allora per non dichiarare che ancora una volta si tratta di tagli sui più deboli, si ricorre all’alibi del Covid“. Inoltre, questo virus esiste da molti mesi oramai, come mai la regione Lombardia non ha provveduto al Protocollo?
“Davvero un gran peccato che i piccoli pazienti siano privati da un servizio scolastico che, oltre a garantire loro il diritto allo studio, li ha sempre accompagnati a vivere momenti di vita quotidiana e di crescita , nonostante il grave disagio della malattia” conclude il nostro lettore.
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