Grazie ad uno studio congiunto tra un ricercatore italiano, Gabriele D’Uva, dell’Università di Bologna, l’Università del South Wales in Australia e il Dipartimento “Biological Regulation” del Weizmann Institute of Science in Israele, nonché con l’aiuto di Eldad Tzahor, sarà possibile rigenerare e riparare il tessuto del cuore infartuato o danneggiato da altre patologie. E’ stato infatti identificato un fattore chiave che permette di rigenerare e riparare il cuore infartuato.
Al contrario della maggior parte dei tessuti del nostro corpo, che durante la vita intera si rinnovano continuamente grazie alle cellule staminali, il rinnovamento delle cellule cardiache in età adulta è invece molto basso, anzi quasi inesistente. A differenza ad esempio delle cellule del sangue, prodotte ogni giorno a miliardi, rimpiazzando del tutto quelle vecchie in pochi mesi.
Il gruppo di ricercatori del Weizmann Institute ha messo a punto una strategia che favorisce l’induzione alla proliferazione di nuove cellule muscolari cardiache. Si è partiti dal fattore di crescita chiamato Neuregulina 1, già conosciuto, infatti importante è il suo ruolo nello sviluppo embrionale del cuore, trasmettendo il segnale di crescita ad alcuni recettori specializzati, quali ERBB4 ed ERBB2, che si occupano di diffondere il messaggio dall’esterno all’interno della cellula.
La scoperta fatta dal team di ricerca del Weizmann Institute, sul fatto che ERBB2 è indispensabile per l’aumento delle cellule muscolari del cuore durante lo sviluppo embrionale. Inoltre, la quantità di questo gene diminuisce nelle cellule muscolari cardiache subito dopo la nascita, e impedisce alle cellule di proliferare e rigenerarsi.
L’idea che hanno avuto i ricercatori è stata quella di supporre che l’induzione del gene ERBB2 potesse aiutare le cellule cardiache del topo a svilupparsi e diffondersi in fase adulta. Attraverso l’impiego di tecniche sofisticate di biologia molecolare, il gruppo di scienziati ha pensato di riattivare la proteina ERBB2 nel cuore del topo in fase adulta. E come supposto in precedenza, i risultati sono stati proprio quelli che il team si aspettava: infatti, l’induzione ha provocato una forte proliferazione delle cellule muscolari cardiache che li ha portati a rigenerarsi.
Una conquista che potrebbe avere ripercussioni positive riaprendo nuove prospettive di cura del cuore infartuato.
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