A partire dal 31 gennaio non si potrà più importare il chlorpyrifos. Guai in vista per la multinazionale produttrice.
È scattato il giro di vite Ue contro il chlorpyrifos, il pesticida più diffuso nei campi agricoli del pianeta, ritenuto dannoso per la salute. Numerosi studi scientifici ne hanno dimostrato la nocività, soprattutto per lo sviluppo mentale nei bambini. Il comitato composto dagli esperti dei vari Stati membri dovrà approvare la proposta della Commissione europea, volta a proibire in tutto il mercato unico la commercializzazione della sostanza. Questa è attualmente vietata solo in otto Paesi Ue: Danimarca, Finlandia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lituania, Slovenia, Svezia e Regno Unito.
Sono oltre 50 gli antiparassitari a base di chlorpyrifos registrati in Italia con validità fino al prossimo 31 gennaio, data in cui scatterà il divieto Ue. Oltre la metà della produzione tricolore è concentrata a Varese, dove opera la fabbrica locale di Dow Chemical. È il colosso chimico americano ad aver inventato e brevettato negli anni Sessanta la molecola di chiorpyrifos per sostituire il Ddt, vietato a sua volta. Negli ultimi 50 anni Dow Chemical si è arricchita vendendo licenze di utilizzo ai suoi concorrenti, che dalla molecola hanno sviluppato una molteplicità di varianti che proteggono dai parassiti oltre 100 diverse colture in 80 Paesi del mondo.
Le pressioni di Dow Chemical, vicina a Donald Trump, hanno finora dissuaso l’Agenzia ambientale americana dall’imitare il blocco voluto dall’Ue, nonostante negli Usa siano stati scoperti, già nel 2006, i danni neuronali indotti nei ragazzi dal chlorpyrifos presente nell’utero materno. Le analisi dei laboratori scientifici della multinazionale scagionerebbero il controverso composto chimico, la cui tossicità è giudicata una bufala da alcuni blogger. Ma l’Ue è intenzionata a rincarare la dose. A febbraio 2020, il comitato tecnico voterà anche la messa al bando degli alimenti che contengono tracce di chlorpyrifos. I test dell’Agenzia per la sicurezza alimentare europea le hanno rinvenute nel 5,5% dei 76.200 campioni analizzati.
In Italia, dove 1’85% della popolazione mangia frutta almeno una volta al giorno (percentuale sopra la media Ue), il pesticida è stato riscontrato nel 23% di uva, nel 15% di limoni e aranci, nel 23% di mandarini, nell’11% di mele e nel 9% di banane disponibili nei supermercati. Per rimediare, la Commissione Ue vuole imporre una soglia di tolleranza dello 0,009 mg/kg (quello sotto la quale il contaminante non è più rilevabile). Tutti i cibi in cui il chlorpyrifos supera tale soglia non potranno più essere venduti, inclusi quelli esteri dai quali l’Ue dipende: 47 milioni di tonnellate di frutta e verdura importate nel 2018, contro 37 milioni esportate.
L’embargo annunciato da Bruxelles ha scatenato le proteste dei grandi esportatori di derrate extra-comunitari, che si riservano di adottare contromisure in seno all’Organizzazione mondiale del commercio, sebbene l’Ue concederà loro tre mesi di tempo dall’interdizione per ripulire le piantagioni. L’import Ue che contiene più chlorpyrifos proviene da Usa e Cina. A superare i valori limite per l’insieme dei pesticidi (chlorpyrifos e altri) è il 2% degli articoli ortofrutticoli non italiani campionati dal ministero della Salute (contro lo 0,9% del Made in Italy). L’Italia resta il terzo Paese Ue per utilizzo di disinfestanti. Senza di essi, secondo uno studio del 2016, molte produzioni agricole europee rischierebbero un calo fino all’85%.
Redazione Nurse Times
Fonte: il Fatto Quotidiano
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