Rilanciamo una nota firmata da Giuliana Scarano, segretario Fp Cgil Basilicata, seguita dalle dichiarazioni di una portavoce dei precari. Sotto accusa la scelta dell’Azienda di licenziare anzitempo infermieri e oss col contratto in scadenza a fine dicembre.
La scelta della direzione strategica dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza di procedere al licenziamento di infermieri e Oss che prestano servizio a tempo determinato all’interno dell’Azienda metterà a rischio l’offerta di servizi e prestazioni sanitarie. Scelta ancor più sconsiderata in quanto fatta a ridosso del provvedimento con il quale è stata bloccata la fruizione dello straordinario e in prossimità del periodo natalizio, termine entro il quale dovrebbero essere fruite anche le ferie da parte degli operatori.
Mistificando i numeri, si tenta di coprire un dato chiaro a tutti: tra le uscite immediate per i licenziamenti e i nuovi ingressi derivanti da concorsi (infermieri) e avvisi di mobilità (Oss) non c’è, e non può esserci, una piena sovrapposizione perché non si tiene in debito conto una variabile non indifferente, ovvero le uscite per pensionamenti e quota 100. Basti pensare che già da giugno ad oggi gli infermieri a tempo determinato sono passati 120 a 72; molti, infatti, hanno lasciato il San Carlo, trovando occupazione stabile in aziende sanitarie di altre regioni. Ciò significa che i nuovi assunti (83) non coprirebbero quella che era già una dotazione sottodimensionata e il saldo tra uscite e nuovi ingressi è già in partenza negativo. Quanto agli Oss, i 40 operatori licenziati saranno sostituiti solo man mano che i 58 in graduatoria per l’avviso di mobilità riceveranno il nullaosta dalle aziende di provenienza. Non c’è una concomitanza temporale.
Questo doveroso chiarimento sui numeri avrebbe dovuto indurre la direzione dell’Aor a uscire da una mera logica contabile, all’insegna della sufficienza delle risorse, ignorandone del tutto la “adeguatezza” rispetto alle reali ed effettive esigenze di personale dell’Azienda Ospedaliera. La verità è che, a fronte dell’emorragia del personale sanitario e non, le assunzioni non bastano a coprire i buchi. Anzi, le voragini stanno mettendo in ginocchio la nostra Azienda Ospedaliera regionale, che verosimilmente ha già subito una riduzione delle prestazioni di assistenza ospedaliera. E allora forse è proprio in questo che va ricercata la causa della insufficienza delle risorse economiche di cui dispone il San Carlo e non in una ventilata riduzione della quota di riparto sul Fondo sanitario regionale, che è in incremento rispetto al 2018 di oltre 7 milioni.
Come è noto, il nuovo tetto di spesa al 31 dicembre 2018, con il quale si supera il vincolo della spesa del personale al 2004 ridotta dell’1,4%, pur non rappresentando sicuramente quella svolta necessaria a riaprire un piano straordinario di assunzioni nel Sistema sanitario nazionale, ha comportato per la Basilicata un innalzamento del limite di spesa. La Basilicata aveva una spesa nel 2004 pari a circa 333 milioni, al lordo della riduzione del 1,4%, per arrivare nel 2018 a circa 413 milioni, che è il nuovo limite di spesa per il personale del Ssr nel 2019. A questo va aggiunto l’incremento rispetto all’esercizio precedente del 5% – previsto dal medesimo Decreto Calabria – pari a 376.247 mila euro. In estrema sintesi, il Fsr 2019 è più consistente rispetto a quello del 2018 e più elevati sono i limiti di spesa del personale. E allora riesce davvero difficile comprendere la scelta dei licenziamenti in corso, utilizzati sino ad ora per tamponare le gravi carenze di organico che caratterizzano del resto l’intero Ssr.
Val la pena ricordare che sono complessivamente 538 le uscite dal Servizio sanitario regionale relative agli anni 2011-2018, cui andrebbero aggiunte per il biennio 2019-2020 circa 300 ulteriori uscite. La contraddittorietà dei licenziamenti in corso è eclatante anche alla luce di altre scelte che certo non vanno nella direzione del contenimento della spesa. Basterebbe ricordare che solo mesi fa lo stesso direttore che invoca la necessità di contenimento delle spese ha raddoppiato i costi del servizio di prevenzione e protezione – ai circa 90mila euro annui spesi per il personale interno si aggiungono ulteriori 870mila euro in tre anni -, optando per l’esternalizzazione del servizio, atto sul quale, come Fp Cgil, abbiamo presentato nel mese di luglio un esposto alla Corte dei Conti. Ma ancora la scelta di affidare incarichi a medici in pensione, utilizzandoli peraltro in funzioni e compiti che nulla hanno a che vedere con l’abbattimento delle liste di attesa, come abbiamo denunciato per l’incarico di monitoraggio e controllo dei sistemi informatici dell’Aor e per quello di affiancamento dell’ex primario all’attuale direttore dell’Uoc Anestesiologia, prevede comunque l’accollo di un rimborso spese, e non è dunque a costo zero per l’Azienda.
Se siamo arrivati a raschiare il fondo del barile, licenziando personale di cui l’Azienda ha ancora necessità, forse si dovrebbero evitare spese che non hanno carattere di priorità. Purtroppo le modalità con le quali si estrinsecano gli atti di gestione di questa direzione sembrano improntati all’estemporaneità: da ultimo, lo stesso affidamento dell’incarico di direzione dell’Uoc Chirurgia generale e d’urgenza, fatta al di là degli esiti della graduatoria finale. Sarebbe opportuno che questa direzione rivolgesse il suo sguardo programmatico verso il futuro: vanno banditi subito i concorsi per immettere il personale necessario, anche valorizzando l’esperienza prestata presso il Servizio sanitario dagli attuali precari. Si ponga fine a una situazione intollerabile che, oltre a mettere a rischio la salute degli operatori, scarica il peso di queste misure sulla pelle dei pazienti, ai quali non potrà essere garantito un servizio di qualità e a misura della mission cui è deputata la nostra Azienda ospedaliera regionale.
La voce dei precari
«Quattro unità in meno in Pronto soccorso per urgenze ed emergenze, riduzione dei posti letto nel reparto di Ematologia, con relativo annullamento di operazioni salvavita di trapianto, nonché la mancanza di ben nove unità in Neurochirurgia». È questo il bilancio, parziale, del primo giorno di disagi provocati dalla decisione della direzione dell’Azienda ospedaliera San Carlo di licenziare con un mese di anticipo un centinaio di infermieri e operatori socio-sanitari con i contratti in scadenza a fine dicembre. Ieri mattina alcuni di loro si sono incontrati per fare il punto della situazione e denunciare lo svilimento delle alte specialità che rappresentano il vanto dell’Azienda ospedaliera regionale, che a causa dell’improvvisa carenza di personale infermieristico e di supporto «non riescono e non possono far fronte alle esigenze dei cittadini».
«Un diritto mancato, negato dalle pubbliche amministrazioni, che dicono di non poter far fronte a dei costi». Così la portavoce di un gruppo di precari riunitosi ieri mattina a Potenza, Ilaria De Stefano, che al telefono col Quotidiano del Sud ha sottolineato l’importanza di «portare alla luce il disastro e l’ingiustizia a discapito di noi tutti, nonché dei cittadini della regione Basilicata». In merito ai disagi, De Stefano ha aggiunto che sarebbero stati già rinviati due interventi di trapianto di midollo e, se nel reparto di Ematologia cinque dei tredici posti letto sono stati già disattivati, in quello di Cardiologia ci sarebbero solo due infermieri in servizio per 30/40 pazienti.
«Ci sono dei fondi stanziati, ma vincolati – aggiunge De Stefano, parlando di possibili vie d’uscita da questa situazione –, per cui si richiede la volontà da parte della direzione generale di usufruirne. Chiediamo alle autorità competenti di prendersi la responsabilità del ruolo che si sta ricoprendo, di svincolare questa opportunità per far fronte non solo alle esigenze dei lavoratori precari, ma soprattutto alle necessità dei cittadini che hanno il diritto costituzionale alla salute».
Redazione Nurse Times
Fonti: Gazzetta del Mezzogiorno – Quotidiano del Sud
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