Fabiola Fini, vice segretario nazionale del Sindacato Medici Italiani, rilancia l’appello dei direttori DSM: “Chiediamo al Governo un piano di assunzioni straordinario già dal 2023 e la destinazione del 5% del Fondo sanitario nazionale al settore”.
“Sosteniamo il grido di allarme dei direttori dei dipartimenti di salute mentale, che in una lettera chiedono a tutte le istituzioni italiane che sia destinato il 5% del Fondo sanitario alla salute mentale, un servizio sanitario pubblico fondamentale che deve essere rilanciato”. Così Fabiola Fini, vice segretario nazionale del Sindacato Medici Italiani (Smi) annuncia il sostegno all’appello dei direttori dei dipartimenti di salute mentale del Paese.
“Ricordiamo come i centri di salute mentale (Csm) siano il primo riferimento per i cittadini con disagio psichico e che coordinano, nell’ambito territoriale, tutti gli interventi di prevenzione, cura, riabilitazione dei cittadini che presentano patologie psichiatriche. Il Csm assicura non solo trattamenti psichiatrici e psicoterapie ma anche interventi sociali, inserimenti dei pazienti in centri diurni day hospital strutture residenziali, ricoveri, attività diagnostiche con visite psichiatriche, colloqui psicologici per la definizione di appropriati programmi terapeutico-riabilitativi e socio-riabilitativi nell’ottica dell’approccio integrato, con interventi ambulatoriali, domiciliari, di rete e residenziali nella strategia della continuità terapeutica, attività di raccordo con i medici di medicina generale, per fornire consulenza psichiatrica e per condurre, in collaborazione, progetti terapeutici e attività formativa”.
“Non solo – prosegue -. Il Csm esegue consulenza specialistica per i servizi ‘di confine’ (alcolismo, tossicodipendenze, eccetera), nonché per le strutture residenziali per anziani e per disabili, attività di filtro ai ricoveri e di controllo della degenza nelle case di cura neuropsichiatriche private accreditate, al fine di assicurare la continuità terapeutica, valutazione ai fini del miglioramento continuo della qualità delle pratiche e delle procedure adottate, intese e accordi di programma con i Comuni per, tra l’altro, inserimenti lavorativi degli utenti psichiatrici, affido etero-familiare e assistenza domiciliare, collaborazione con associazioni di volontariato, scuole, cooperative sociali e tutte le agenzie della rete territoriale”.
Sempre Fini: “È inaccettabile e incomprensibile il sottofinanziamento a cui si è assistito nel corso degli ultimi decenni della salute mentale, e il peggioramento delle condizioni lavorative e contrattuali dei dirigenti medici che operano nel settore. Servono segnali sostanziali di cambiamento rispetto alle scarse risorse economiche stanziate nella Legge di Bilancio, appena approvata, indice di sottovalutazione e trascuratezza, non da oggi, verso la prevenzione, cura e riabilitazione che opera sul territorio. Indispensabile che il Governo e le Regioni si impegnino a trovare quei finanziamenti fondamentali ad affrontare e risolvere il sottofinanziamento dei dipartimenti di salute mentale da anni perpetuato. Vanno garantiti gli obiettivi virtuosi di promozione della salute mentale, la prevenzione dei Tso e delle pratiche di contenimento in ospedale, il trattamento tempestivo degli esordi patologici gravi fino al potenziamento della residenzialità leggera e del lavoro integrato sul territorio a favore di prevenzione e percorsi riabilitativi”.
E ancora: “Il disagio mentale nel nostro Paese è aumentato, in particolare quello degli adolescenti, e senza più possibilità di adeguate risposte da parte dei dipartimenti di salute mentale di erogare, se non in condizioni di estrema difficoltà, prestazioni che dovrebbero essere garantite dai Lea, la situazione sarà sempre più incontrollabile, specie a seguito della pandemia Covid e delle problematiche sociali ed economiche che affliggono i nostri territori. Nonostante questa drammatica evidenza, fornita dalla piramide dell’età, la salute mentale di bambini e adolescenti non preoccupa abbastanza il nostro Paese. C’è necessità di supportare i dirigenti medici del Servizio salute mentale e frenare così il burnout degli operatori, che nel post-pandemia da Covid hanno visto aumentare carichi di lavoro e responsabilità tecniche burocratiche e medico-legali in un contesto segnato da scarsità di risorse e in un regime di blocco delle assunzioni nel settore pubblico che sta portando a dimissioni volontarie molti medici psichiatri dal ruolo nei servizi”.
Conclude il vice segretario Smi: “È improcrastinabile, a nostro avviso, ricucire la rete pubblica dei Dsm, sempre più sfilacciata, anche con un rilancio al loro interno dei percorsi psicologico-psicoterapeutici, per realizzare una salute mentale comunitaria, in grado di dare risposte integrate ai diversi aspetti biologici, psicologici e sociali e tutelare così i tanti cittadini con disagio mentale e le loro famiglie, lasciate sole per tanto, troppo tempo. Una profonda riorganizzazione dei servizi di salute mentale è una delle principali priorità della salute mentale e dovrebbe avere due obiettivi principali: spostare il luogo di cura delle persone con gravi condizioni mentali dagli ospedali psichiatrici verso la comunità; aumentare l’assistenza per ansia, depressione e altre comuni condizioni di salute mentale da parte dei servizi basati sulla comunità. Chiediamo al Governo un piano di assunzioni straordinario per il settore già dal 2023 a salvaguardia del Ssn e la destinazione del 5% del Fondo sanitario nazionale alla salute mentale, garantendo la salute e l’assistenza ai cittadini con disagio mentale e alle loro famiglie”.
Redazione Nurse Times
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