Un articolo apparso sulla rivista Circulationa ha inserito la mancanza di sonno tra i fattori di rischio cardiovascolare.
Un sonno adeguato risulta fondamentale anche per la salute del cuore. Sul tema, già a partire dal 2010, si erano espressi gli esperti dell’American Heart Association, che hanno segnalato sette fattori modificabili: mantenere un peso sano, non fumare, essere fisicamente attivi, seguire una dieta sana e controllare la pressione, il colesterolo e la glicemia, come essenziali per salvaguardare la salute cardiovascolare.
Tutti questi fattori, denominati Life’s Simple 7, sono poi diventati una modalità consueta, sia per i medici sia per i pazienti, con cui valutare la salute del cuore, ma anche del cervello. A questi, adesso, è stata aggiunta la durata del sonno, considerata già importante, ma sulle cui modalità di valutazione c’erano incertezze. E’ successo grazie a uno strumento rivisto, chiamato Life’s Essential 8, di cui si è discusso in un articolo apparso sulla rivista Circulation.
Secondo quanto emerso, gli adulti dovrebbero dormire in media dalle sette alle nove ore a notte, mentre nei bambini tale durata varia in base all’età. Come spiegato all’agenzia Ansa dal professor Ciro Indolfi, presidente della Società italiana di cardiologia, “la mancanza di sonno è un fattore di rischio cardiovascolare: cosa nota da tempo, ma non sufficientemente indagata, che ora è stata codificata”.
Secondo l’esperto, tra l’altro, che “la deprivazione di sonno sia un fattore di rischio cardiovascolare è un tema importante, come anche l’interruzione del sonno che si associa ad esempio alle apnee notturne”. Chi ne soffre, infatti, “ha un rischio di scompenso, malattie cardiovascolari, ipertensione, maggiore”. Per i cardiologi italiani, ha proseguito, “ai fattori di rischio classici come fumo, inattività fisica, colesterolo alto, ipertensione, obesità, occorre aggiungere la deprivazione di sonno”.
Ma gli specialisti devono essere “molto attenti anche al rischio della sindrome delle apnee notturne, collegate a un aumento del rischio cardiovascolare”. E questo sebbene “non molto spesso si chiedano al paziente informazioni circa la durata e la qualità del sonno”. Ma più che sul numero di ore di sonno “occorrerebbe focalizzassi anche sulla qualità del sonno”. C’è poi una “variazione individuale nel benessere legato al sonno: alcuni possono avere un beneficio dal dormire sette ore, altri dal dormire otto o nove ore”.
Un’ultima questione, ha concluso Indolfi, riguarda la sensibilizzazione sul tema, che “deve partire dai giovani, i quali fanno meno attenzione al sonno specie in estate, non dando importanza alla durata del sonno come fattore protettivo nei confronti di eventi cardiovascolari futuri”.
Redazione Nurse Times
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