Eseguito un doppio espianto di organi da donatore vivente in laparoscopia che ha salvato la vita al piccolo Danil.
La tragica storia del bimbo libanese di due anni, morto sull’aereo che da Beirut lo portava a Roma per le cure che gli avrebbero salvato la vita, ha indirettamente portato alla luce un’eccellenza sanitaria che sta diventando prassi. E che sembra abbia anche fatto registrare un primato italiano, forse mondiale.
Il riferimento è al trattamento dell’ossalosi, una malattia metabolica rara (consiste in un accumulo di eccessiva quantità di ossalato di calcio nei reni e in altri tessuti), che viene curata all’Ospedale Bambino Gesù con il doppio trapianto: di rene e fegato. E sono già 11 i casi risolti. Uno di questi, però, ha dell’eccezionale. «Perché non è mai stato descritto prima in nessuno studio scientifico – ha spiegato il professor Marco Spada, responsabile di Chirurgia epato-biliare-pancreatica dell’ospedale pediatrico del Vaticano sul Gianicolo – e siamo stati i primi a fare un intervento simile. Sicuramente in Italia, quasi certamente nel mondo».
L’intervento in questione è un doppio espianto di organi da donatore vivente in laparoscopia, effettuato su una mamma che ha donato entrambi gli organi al suo figlioletto di appena un anno e mezzo. «Una chirurgia meno invasiva – prosegue Spada – consente un decorso più rapido, meno dolore, meno giorni di ricovero e un ritorno più rapido ad una vita normale e anche al lavoro». Il trapianto nel bimbo è poi la parte più complessa: «Le equipe coinvolte sono 5 o 6 – aggiunge Luca Dello Strologo, responsabile Clinica del trapianto renale del Bambino Gesù –. Mentre è in corso l’intervento, il piccolo paziente è sottoposto a dialisi e dobbiamo monitorarlo attentamente perché rischia un arresto cardiaco. Il rapporto del peso tra donatore e ricevente è 1 a 5 e, al momento del trapianto, il rene succhierebbe al bambino tutto il sangue che ha in corpo. Dobbiamo intervenire con la massima precisione e secondo un protocollo personalizzato ogni volta».
La conferma dell’eccezionalità di ciò che accade nelle sale operatorie del Bambino Gesù è nelle parole di questa mamma che ha donato la vita a suo figlio per due volte: «Della sua malattia ricordo la dialisi e le trasfusioni continue. I valori delle analisi sempre troppo alti. Poi, una volta arrivati qui, abbiamo fatto il trapianto di fegato e le cose hanno cominciato ad andare meglio. Dopo quello renale siamo rinati. Qui ci hanno cambiato la vita e l’hanno salvata a Danil».
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere.it
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