Oggetto della diatriba è la disposizione con cui la casa di cura Ancelle Francescane del Buon Pastore ha incaricato gli infermieri di somministrare il vitto ai pazienti.
Non si è fatta attendere la replica della casa di cura privata romana Ancelle Francescane del Buon Pastore al “rimprovero” della dottoressa Ausilia Pulimeno, presidente del collegio provinciale Ipasvi. Riepiloghiamo la vicenda.
Tutto nasce da una disposizione estrapolata dall’ordine di servizio della stessa casa di cura: “… la somministrazione dei vitti dovrà essere compito esclusivo del personale infermieristico e OSS”. Tale disposizione solleva le perplessità del sindacato UGL, che vi ravvisa un caso di demansionamento e chiede un parere al collegio Ipasvi di Roma. Quest’ultimo prende posizione con una missiva sottoscritta dalla dottoressa Pulimeno, sottolineando come l’ordine di servizio in questione “nell’attribuire anche al personale infermieristico il compito esclusivo della somministrazione del vitto, sia lesivo della personalità dell’infermiere”. Di qui l’invito, rivolto all’azienda, “ad adottare tutte le misure necessarie per porre fine alla grave situazione”.
Il carteggio tra sindacato e collegio è quindi ripreso dalla nostra testata, che lo rende noto attraverso un articolo a firma di Angelo De Angelis. Ed ecco la risposta del dottor Enrico Rosati, direttore sanitario della casa di cura. Nella sua lunga lettera, indirizzata ad Ausilia Pulimeno, costui chiarisce anzitutto il senso dell’espressione utilizzata nell’ordine di servizio: “Preliminarmente giova evidenziare che il termine ‘esclusivamente’ si riferiva al fatto che la somministrazione del vitto … spetta a queste e solo a queste due figure professionali (e non anche al personale ausiliario)”. In altre parole, non è “esclusivo” il compito in sé (la somministrazione del vitto), bensì il destinatario del compito stesso (il personale infermieristico e OSS).
Il dottor Rosati interpreta poi come “ricerca di facile consenso e visibilità” l’iniziativa dell’UGL, che a suo dire avrebbe dovuto trasmettere al collegio provinciale Ipasvi non solo la documentazione interna aziendale, ma anche il verbale di un recente incontro tra il sindacato e la direzione della casa di cura. In tale verbale la direzione rivendica la legittimità delle proprie modalità organizzative, dettate “nel rispetto dei ruoli, delle funzioni e della dignità professionale di tutti gli operatori di reparto”. Inoltre sottolinea l’opportunità di non suddividere in “compartimenti stagni” le differenti figure professionali. Come dire: è giusto che gli infermieri si occupino anche di somministrare il vitto ai pazienti.
In definitiva il dottor Rosati sostiene che, se la dottoressa Pulimeno fosse stata informata delle delucidazioni fornite in sede di incontro sindacale, non avrebbe stigmatizzato l’operato dell’azienda, basandosi peraltro su “una frase la cui valenza è stata snaturata, in quanto estrapolata dal contesto per il quale era stata pensata”.
Non manca, infine, una stoccata ad Angelo De Angelis, autore del pezzo pubblicato su Nurse Times e “infermiere candidato alle prossime elezioni degli organi direttivi dell’Ipasvi”. Il direttore della casa di cura romana ritiene infatti che l’ironica espressione “INFERMIERE CAMERIERE”, utilizzata dall’articolista, “non solo sia lesiva dell’immagine di questa struttura sanitaria, ma anche e soprattutto di quella dell’operatore socio-sanitario o di chiunque altro somministri il vitto ai degenti … e, infine, dei camerieri stessi, posto che qualsivoglia tipologia di impiego debba presentare pari dignità e che sia profondamente scorretto utilizzare il profilo di qualsivoglia mestiere nella sua accezione negativa”.
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