La Corte dei Conti – Sezione Toscana ha condannato l’equipe a risarcire l’azienda sanitaria dei 60.000 euro spesi per pagare il danno al paziente. Nella suddivisione del danno il 60% è stato messo in capo ai medici e il 40% alle infermiere ferrista e capo sala.
È ormai consolidata la giurisprudenza secondo cui per i danni cagionati al paziente nel corso di interventi operatori risponde l’intera equipe medica e infermieristica, stante la natura dell’attività, che vede coinvolti tutti i partecipanti e che richiede che sia adoperata la diligenza professionale sia nella condotta attiva che in quella riferibile agli obblighi di controllo reciproco, ciascuno per il ruolo ricoperto nell’equipe.
Esiste, inoltre, ulteriore giurisprudenza che evidenzia come in presenza di un regolamento interno o di una disciplina che definisca i compiti specifici dei componenti dell’equipe, la responsabilità di ciascuno debba essere parametrata a detti compiti, rispetto ai quali si ingenera un affidamento degli altri componenti. Tuttavia, anche in questo caso rimangono fermi il dovere di reciproco controllo e il principio del coordinamento nell’ambito dell’operatività del gruppo (richiamando Cass. Pen. n. 24036/2004; Corte di cassazione n. 53315 del 18.10.2016 – 15.12.2016; Corte conti, Sez. giur. Emilia-Romagna, 27 febbraio 2015, n. 21; Sez. giur. Toscana, 18 novembre 2014, n. 214; Sez. Appello Sicilia, n. 216/2018; Appello, Sez. II, 31 luglio 2019, n. 278; id, Sez. II, 21 dicembre 2018, n. 741).
È questa la massima contenuta nella sentenza della Corte dei Conti – Sezione Toscana n. 74 del 13 marzo scorso, che ha condannato per colpa grave medici e infermieri a risarcire l’azienda sanitaria della somma di 60.000 euro, spesa per pagare il danno al paziente che dovette essere rioperato per estrarre una pinza lunga ben 17 centimetri dimenticata nel corso di una turbolenta operazione. Nella suddivisione del danno il 60% è stato messo in capo ai medici e il 40% alle infermiere ferrista e capo sala.
I fatti – Nel corso di un’operazione si avvicendarono due turni d’infermieri. Erano anche presenti in sala operatoria per tutta la durata dell’intervento due infermiere tirocinanti a fini di formazione che furono giudicati estranei ai fatti in quanto semplici spettatori. All’inizio dell’operazione vennero contate le garze e sette set chirurgici, ma non il numero globale dei ferri.
Terminata la prima fase dell’operazione, il primo operatore si allontanò dalla sala operatoria, lasciando agli altri due medici il compito della sutura della ferita ai diversi livelli di peritoneo, addome e cute, e quello della realizzazione dell’ileostomia. Durante l’operazione tra i due operatori si verificò una prima lite sulle modalità di sutura dell’addome, udibile dal corridoio, tanto da indurre la coordinatrice del personale infermieristico a uscire dal suo studio per verificare cosa stesse accadendo.
Durante la lite uno dei medici uscì dalla sala operatoria, lasciando un solo medico a suturare l’addome con l’aiuto dell’infermiera strumentista, ma, essendo in difficoltà, uscì anch’esso dalla sala operatoria per chiamare il secondo medico lasciando le infermiere da sole con il paziente. Nel frattempo gli infermieri del primo turno lasciarono il posto agli infermieri del secondo turno, senza che nessuno di loro provvedesse alla conta delle garze e dei ferri. I medici rientrarono per finire l’operazione, ma tra loro scoppiò una seconda lite per la scelta dei fili di sutura da utilizzare, seguita da una seconda uscita dalla sala di uno dei due.
Le responsabilità – La Corte dei Conti ha dovuto valutare la responsabilità degli operatori responsabili sulla scorta raccomandazione ministeriale in questione è la n. 2 del marzo 2008 (“Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”) e delle procedure interne alla struttura.
Occasione per delineare la responsabilità dei singoli operatori
Primo operatore medico – È ben vero, afferma la sentenza, che esiste un ruolo specifico assegnato all’infermiera c.d. “ferrista” rispetto ai conteggi di garze e ferri chirurgici, tuttavia, come sopra anticipato, detto ruolo è condiviso con quello del chirurgo primo operatore. Peraltro, prosegue, dette disposizioni non sono di per sé sufficienti a fondare un principio di affidamento da parte del resto dell’equipe, con valore esimente da responsabilità per la mancata o non corretta conta. Infatti la Procedura di prevenzione del rischio, dispone anche l’obbligo della conta “a voce alta”, sorretto da una duplice ratio, quella di garantire la massima attenzione da parte dei soggetti deputati a tale operazione, e quella di consentire il controllo da parte della restante equipe a che l’operazione di conta sia effettivamente svolta.
Se, infatti, può essere comprensibile che la conta sia comunque effettuata manualmente dal personale di supporto, rimanendo il chirurgo dedicato allo svolgimento dell’operazione, la Procedura rimette comunque alla sua responsabilità primaria la conta di garze e ferri durante l’intervento in tre momenti ben precisi e, cioè, “prima di chiudere una cavità dentro un’altra”, “all’eventuale cambio del chirurgo responsabile dell’equipe” e “prima di chiudere la ferita.
Il secondo e terzo operatore medico – Altrettanto ascrivibile a colpa grave è la condotta dei due medici ausiliari al primo operatore che, nel tempo in cui si sono trovati a completare l’intervento con le suture erano talmente impegnati nelle loro liti da non hanno provveduto alle conte, neppure dopo la chiusura della cute. Non può non rimarcarsi, afferma la Corte, che uno scontro verbale al tavolo operatorio, ripetuto più volte e seguito dall’allontanamento, prima di uno e poi di entrambi i medici, lasciando il paziente anestetizzato da solo con le infermiere, non corrisponde ad un agire diligente, ben concorrendo, anche per questo verso, a segnare la colpa grave dei convenuti. Il sopravvenire della lite tra i due medici e il comportamento conseguente ha determinato l’assegnazione della quota di responsabilità pari al 30% della frazione riservata alla componente medica.
Infermiera strumentista e infermiera di sala – L’infermiera ferrista invece, addossò ai medici la responsabilità dell’accaduto in quanto “operano accanto al paziente e solo loro possono avere lasciato la pinza senza provvedere a ricercarla ed a recuperarla prima della chiusura”. Gli stessi furono accusati dalle infermiere, anche, di avere creato un clima di “destabilizzazione e confusione” generato, da un lato, dalle due liti sopravvenute alla fine dell’intervento tra i medici lasciati a completare le suture e, dall’altro lato, dal cambio di turno infermieristico a intervento quasi concluso. Inoltre, il fatto che due dei tre medici stessero litigando e di essersi trovata da sola ad assistere il terzo medico corso in soccorso al paziente.
Secondo le infermiere il danno doveva essere addossato ai medici che vicino al paziente non potevano non accorgersi di avere dimenticato una pinza. Inoltre, secondo le stesse, la rissa con conseguente situazione di stress avevano determinato da sole il fatto causale dell’incidente. Tesi bocciata dalla Corte dei Conti secondo la quale “anche considerandone il possibile apporto al generale stato di confusione cui è conseguita, quanto meno, l’omissione della conta dei ferri al passaggio di turno degli infermieri e alla fine dell’operazione, le liti intercorse non possano avere avuto un effetto di interruzione del nesso di causalità tra la condotta tenuta dall’équipe medica e il danno cagionato al paziente, ma, aggiungendosi agli altri fattori causali sopra richiamati, hanno concorso con questi al danno”.
Responsabilità della struttura – Respinto il tentativo di addossare alla Asl la responsabilità della vicenda per difetti organizzativi in forza dei quali sarebbe sopravvenuta la condizione di confusione che ha determinato il danno è stata esclusa in quanto: “è previsto e ammissibile che si abbia un cambio di turno tra infermieri nel corso dell’operazione chirurgica, specie se questa abbia una durata che si prolunga per 7 ore, come avvenuto nella specie”.
Proprio nell’occasione del cambio turno è, tra l’altro, previsto l’obbligo di conta dei ferri, che, se effettuato, avrebbe fatto emergere la mancanza della pinza kocher, evitando il danno al paziente e anche il conseguente danno erariale. È altresì previsto e ammissibile, afferma la sentenza, che in una sala operatoria siano presenti infermieri in formazione, peraltro, come in questo caso nel numero contenuto di due, non potendosi questo imputare ad un difetto organizzativo ma al contrario a un opportuno adempimento di doveri di formazione del personale da parte della Asl, non potendosi imputare a tale circostanza l’effetto della causazione di danni derivanti piuttosto dalla violazione di varie prescrizioni ed obblighi da parte di tutti i componenti dell’equipe medica in diversa misura.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Sole 24 Ore
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