Corte Costituzionale e Inps hanno fatto chiarezza sulla questione.
Un anziano ricoverato in Rsa ha diritto all’indennità (o assegno) di accompagnamento? La questione è stata chiarita da un intervento dell’Inps e anche da una pronuncia della Corte Costituzionale, che hanno colmato una lacuna normativa di lungo corso.
Intanto va detto che l’indennità di cui si parla consiste in una prestazione economica versata dallo Stato attraverso l’Istituto di previdenza, e può essere richiesta da invalidi totali (con percentuale di invalidità del 100%) e incapaci di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore, o comunque non in grado di compiere azioni tipiche della vita quotidiana. Ovviamente l’invalidità va acclarata da appositi specialisti, che effettueranno specifiche operazioni di valutazione.
Attraverso il Messaggio n. 18291 del 26 settembre 2011 l’Inps ha chiarito che le spese per ospitare l’anziano non autosufficiente nelle Rsa sono suddivise in modo variabile tra Ssn e pazienti, in percentuali stabilite dalle Regioni. Il ricovero non è pertanto considerato a costo zero in caso di compartecipazione alle spese e al versamento delle rette giornaliere da parte del disabile. Tuttavia, se la quota dell’interessato rimane a carico di altra amministrazione pubblica, il ricovero è da ritenersi senza costi, e allora il diritto a mantenere l’indennità di accompagnamento va negato.
Del resto, la pronuncia n. 183 del 1991 della Corte Costituzionale aveva già stabilito che il versamento dell’indennità di accompagnamento va sospeso in caso di ricovero a totale carico dello Stato per un periodo superiore a 29 giorni. L’indennità, infatti, è stata introdotta per fornire un’alternativa al ricovero degli invalidi gravi, ossia un supporto alle famiglie che vogliono tenere in casa un famigliare invalido al 100%. Non può però determinare una duplicazione dei costi ai danni dello Stato laddove l’interessato sia permanentemente ricoverato in una Rsa, e ciò anche qualora si assenti saltuariamente dal luogo di degenza.
Redazione Nurse Times
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