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Rapporto Aifa 2018: gli italiani svelati dai farmaci

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Amoxicillina, lotto ritirato dalle farmacie
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L’Agenzia ha diffuso i dati sul consumo di medicinali. Boom di psicoattivi e antiacidi. In crescita le pillole per curare la disfunzione erettile.

Dimmi che farmaci prendi e ti dirò come stai. E anche chi sei. Il Rapporto nazionale Aifa 2018 sull’uso dei farmaci in Italia (VEDI) non fotografa soltanto i progressivi tagli operati sulla spesa del Servizio sanitario nazionale, ma ci racconta anche come cambiano gli italiani attraverso le loro abitudini e i loro bisogni. Siamo un popolo un po’ triste e anche arrabbiato, infatti consumiamo in gran quantità gli “inibitori della pompa protonica”, ovvero i farmaci per la gastrite, e ancora tanti, forse troppi antidepressivi. Soprattutto le donne.

Comunque, in media, assumiamo un po’ più di una pasticca e mezzo al giorno, inserendo nel calcolo tutta la popolazione, compresi i lattanti. In particolare, le prescrizioni riguardano le molecole appartenenti alla classe degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI). Il loro consumo registra un progressivo aumento in Italia nel corso degli ultimi anni. Se nel 2013 le dosi giornaliere per 1.000 abitanti erano 39, nel 2018 siamo passati a 41,6, con un aumento del 6,2 percento. Non solo. Spesso i pazienti assumono medicinali con leggerezza e non rispettano le indicazioni terapeutiche fornite dal medico: addirittura nel 40 percento dei casi. I più anziani sono anche i più bisognosi. L’uso degli antidepressivi aumenta con l’età, e comunque nelle donne è sempre più elevato rispetto agli uomini in tutte le fasce di età.

Differenze evidenti anche nelle regioni. La Sardegna al top: con il 62,2 percento consuma il doppio rispetto alla Basilicata, ferma al 31,9. Meno al Nord, comunque, e più al Sud. Per i protettori dell’apparato gastrointestinale la spesa pubblica è stata di 2.835 milioni di euro, quasi 47 euro procapite. Un altro elemento da sottolineare è che, mentre diminuisce lievemente la spesa pubblica, aumenta quella a carico del cittadino: quasi un più 4 percento nel 2018 rispetto al 2017. Un punto dolente sul quale non a caso il direttore dell’Aifa, Luca Li Bassi, ha promesso di impegnarsi per modificarlo, cercando di spingere molto di più il consumo dei meno cari generici. Nel complesso la spesa farmaceutica pubblica e privata si è attestata intorno ai 29 miliardi, lievemente inferiore allo scorso anno, pari a 482 euro per cittadino, contro i 492 del 2017. Quella territoriale ammonta a 20.781 milioni di euro e l’ospedaliera a circa 11 miliardi. I cittadini invece pagano di tasca propria sempre di più: 8,3 miliardi, ovvero +3,8 rispetto all’anno precedente. E tra i medicinali di classe C (a carico del cittadino), che richiedono la prescrizione medica, in testa ci sono le benzodiazepine, gli psicofarmaci.

Cresce pure la richiesta dei farmaci usati nella disfunzione erettile che con 219 milioni di euro sono la terza categoria a maggior acquisto: il consumo è passato da 2,9 dosi per 1.000 abitanti del 2014 a 3,6 del 2018. In generale assumiamo troppi farmaci. Lo scorso anno sono state consumate complessivamente 1.571,5 dosi di medicinali al giorno ogni 1.000 abitanti. Di queste, il 72,3 percento è stato erogato dalla sanità pubblica, mentre il restante 27,3 è stato pagato dai cittadini. La categoria maggiormente prescritta, e dunque consumata, è quella dei farmaci per il sistema cardiovascolare (487,4 dosi per 1.000 abitanti al giorno), mentre sono al terzo posto in termini di spesa a carico del Ssn (3.240 milioni di euro; 53,6 euro procapite).

In generale, al Sud si spende di più per farmaci erogati in convenzione, mentre la Lombardia è la regione che consuma meno e spende di più, probabilmente anche per il ricorso a farmaci innovativi più costosi. La regione che spende di più procapite è la Campania (201), mentre spende meno Bolzano (120 a cittadino). Quella dell’aderenza alle terapie, poi, è diventata una delle questioni cruciali. Tra gli anziani (over 65), molti assumono diversi farmaci al giorno, e in questo caso sbagliarsi può avere conseguenze molto gravi.

Redazione Nurse Times

Fonte: il Giornale

 

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