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Puglia. Roma boccia il riordino ospedaliero: costo del personale troppo alto!

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Puglia: poca trasparenza nel reclutamento di infermieri nelle aziende sanitarie pubbliche
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RIORDINO OSPEDALIERO BOCCIATO: SIAMO ALLE SOLITE. PAGHERANNO CITTADINI E LAVORATORI.

Commentando la Legge di Stabilità 2016 (CLICCA QUI) nella fattispecie che riguardava la Sanità, la bocciatura del Piano di riordino ospedaliero pugliese non è di certo una sorpresa. Aspettavamo dai protagonisti della Sanità regionale guidati da Emiliano, l’annuncio del riordino della rete ospedaliera, che in realtà ritardava perché al MISE (Ministero Sviluppo Economico) si trattava sulla pelle dei cittadini e dei lavoratori vanificando tutte le premesse della stessa legge di stabilità, degli annunci della Ministra Lorenzin sulle nuove assunzioni e di tutti i sacrifici già espletati dal mondo sanitario pugliese negli ultimi anni.

Il nodo della bocciatura sta nel costo del personale come unico e indissolubile dogma per gestire la sanità edulcorato da questioni sanitarie seppur condivisibili – ipoteticamente – dallo smistamento e riequilibratura della rete ospedaliera in ospedali base e di primo livello, questi ultimi secondo i tavoli romani in esubero rispetto al Decreto 70/2015 (Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera) e della conseguente modifica della Rete Emergenza Urgenza e dei Punti nascita che in realtà già organizzati in base a degli standard.

Quindi, il costo del personale non dovrebbe superare 1,961 miliardi di euro che fa riferimento al solito costo rispetto alla spesa del 2004 decurtata dell’1,4% che ha rappresentato e rappresenterà un valico insormontabile che non ha nessuna spiegazione tecnica in senso sanitario: basti pensare ad esempio che la Asl Bat nel 2004 non esisteva come non era nata la sesta provincia pugliese, il che fa dubitare la ratio di suddetto vincolo.

Altro nodo, di certo non meno importante, è che certamente la Regione metterà sin da subito in regime di piano di rientro le aziende sanitarie che avranno i costi il 10% superiori ai ricavi e ciascuna direzione generale fornirà al governo centrale via Regione lo stato dell’arte delle risorse umane e futuri tagli e riordini di personale e strutture ospedaliere. Piano di rientro previsto abbondantemente ed altrettanto chiaramente dalla Legge di Stabilità che sposta inesorabilmente le responsabilità alle regioni e alle aziende sanitarie mentre in questi giorni il Primo Ministro bisticcia sulla flessibilità economica con Bruxelles facendosi portavoce di un aumento di spesa pubblica – la più bassa in Europa- quando in realtà non si agita per la Salute sui territori e sulla gravità del numero degli operatori sanitari sulla rete ospedaliera.

Insomma, con minuta speranza che le carte in gioco siano rimescolate, il tutto configura una cura lacrime e sangue che metterà i cittadini che devono soddisfare il proprio bisogno di salute, i lavoratori che rimarranno nella bolgia delle corsie in sottonumero e lavoratori fuori dal mercato del lavoro in una situazione francamente vicina alla catastrofe che presenterà dei tagli di strutture ospedaliere maggiori di quelli pensati dal Governatore.

Accorpamenti  dei 38 stabilimenti (accorpati sulla carta a 23 presidi), ridistribuzione del personale e conseguente blocco delle assunzioni saranno presentati nel giro di un mese senza avere una minima idea di come riformare e riorganizzare il servizio sanitario regionale provvedendo magari ad un rinforzo del sistema territoriale.

Comunque ci sono delle certezze indiscutibili quali l’improvvisazione e assenza di governo – a vari livelli – in sanità: tra piani inesistenti  top secret e arroganza ministeriale la sanità pubblica continua ad essere sotto scacco.

Nicola Tortora

In allegato:

Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera.

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