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Prescrizione infermieristica: l’utopia Italiana nella realtà Europea

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La Diagnosi Infermieristica
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Il termine “prescrizione” [dal lat. praescriptio –onis, der. di praescribĕre] richiama in prima analisi un’attività peculiare del medico, infatti da sempre, per ragioni storico – culturali e professionali, la prescrizione è considerata una competenza esclusiva del medico, pertanto in quest’ottica risulta difficile affermare una potestà prescrizionale infermieristica.

Il Dizionario delle Professioni infermieristiche, Utet – Torino, definisce la prescrizione come un’attività di “trascrizione su fogli di ricettario personale o sul ricettario del SSN degli esami ematochimici o strumentali a cui si deve sottoporre il paziente, dei farmaci che il paziente deve assumere, dei presidi terapeutici o di cicli di terapie fisiche”.

In molti paesi europei la professione infermieristica sta implementando un notevole sviluppo delle proprie competenze, consentendo agli infermieri di specializzarsi e di conseguire l’autorità del prescrivere.

In questo contesto ci si domanda se da un punto di vista professionale e giuridico possa essere collocato il concetto di “Prescrizione Infermieristica” anche in Italia.

L’infermieristica italiana ha subito un profondo cambiamento normativo e formativo, frutto di sfide coraggiose, che ha consentito l’interruzione di quel rapporto di sudditanza ancillare nei confronti di altri professionisti della salute, permettendo all’infermiere di affermarsi all’interno dell’equipè multiprofessionale e multidisciplinare con una propria autonomia e responsabilità. Pietra miliare di questo percorso è senza dubbio la L. 42 del 1999 recante la definizione di “professione sanitaria”, che abolisce definitivamente il carattere di ausiliarietà insieme all’abrogazione del famigerato Mansionario previsto dal D.P.R 225 del 1974.

Questo ha portato al riconoscimento di un ambito di autonomia e responsabilità in relazione a tre criteri guida dell’agire professionale: il contenuto del Decreto Ministeriale istitutivo del profilo professionale dell’infermiere (D.Lgs 739/1994), gli ordinamenti didattici universitari di base e post-base, nonché il codice deontologico. Il tutto è stato ulteriormente rafforzato dalla L.251/2000, che oltre ad aver investito nel campo della formazione richiedendo  il conseguimento del titolo di laurea per l’accesso alla professione  e istituendo i corsi di laurea specialistica per l’accesso alla dirigenza infermieristica, completa il percorso di valorizzazione delle professioni sanitarie, rendendo ancora più vigoroso il concetto di autonomia dell’ infermiere nelle sue specifiche attività di prevenzione, cura e salvaguardia della salute. Inoltre, la Legge 1 febbraio 2006, n. 43 delinea la figura dei  “professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche rilasciato dall’università…”.

L’evoluzione dell’assistenza, l’affermazione della tanto agognata autonomia professionale, il riconoscimento della centralità della persona nel percorso di cura hanno permesso all’infermiere di sviluppare un ragionamento diagnostico, con il quale identifica i bisogni di salute della persona, formulando le diagnosi infermieristiche e i relativi obiettivi, e prevede un percorso di risoluzione in cui  agisce nella veste di “prescrittore” di trattamenti o azioni infermieristiche e in quella di “collaboratore” con gli altri membri dell’equipè.

In questo contesto appare naturale soffermarsi sul significato  della locuzione “prescrizione infermieristica”  soprattutto sulla sua legittimità, senza incorrere nel reato punito dall’ art.348 del Codice Penale che disciplina l’esercizio abusivo di una professione, tenendo conto che nessuna norma descrive le attività di competenza medica e, dopo l’abrogazione del mansionario, neppure della professione infermieristica.

Da quanto sinora esposto si evince il superamento del timore emergente dell’art 348 C.p., in quanto l’autonomia del professionista infermiere  implica una discrezionalità nelle scelte operative e nell’esercizio di attività assistenziali negli ambiti di propria competenza. È proprio il concetto  di competenza, intesa come l’insieme di conoscenze, capacità e abilità (il saper agire e il saper essere responsabile), che lascia spazio al superamento dello scetticismo legato alla prescrizione infermieristica, ferma restando la responsabilità che il professionista deve assumersi nel garantire il risultato assistenziale, supportando l’onere di conseguenze di natura penale, civile e disciplinare.

Il tema della prescrizione infermieristica  ha trovato ampio spazio di dibattito su internet, forum, social network, se ne parla ormai da tempo, senza alcun riscontro nell’ambito applicativo.

In Italia, parallelamente all’evoluzione storica, culturale e legislativa che ha investito la professione infermieristica, si assiste ancora oggi ad un lento progresso nell’agire quotidiano.

Attualmente, arde il dibattito sul Comma 566 della Legge di stabilità del 2015, sulle competenze avanzate, mentre gli infermieri continuano a fare i conti con il demansionamento. Per fare un confronto, basti osservare gli altri Stati membri dell’UE, dove la professione infermieristica continua a valorizzare il proprio profilo con competenze specialistiche ed avanzate. Un esempio sono  i percorsi accademici che seguono i Nurse practitioner prescriber inglesi e gli Enfermeros prescriptores” spagnoli.

Nel Regno Unito dal 2000 si è acceso il dibattito sulla possibilità di estendere la prescrizione ad infermieri, farmacisti ed assistenti sanitari, sino al 2006, anno in cui si ha l’apertura agli infermieri prescrittori dell’intero Formulario Nazionale Britannico.

E’ bene ricordare però che nel 2006 un lungimirante Gennaro Rocco, che fino al 2014 ha ricoperto le cariche di vice presidente della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi e presidente del collegio Ipasvi di Roma, bollava la proposta di prescrizione per gli infermieri italiani su modello anglosassone con un NO GRAZIE! (fonte Adnkronos.com)

Nel Regno Unito, per  poter diventare prescrittore indipendente, l’infermiere deve seguire un corso formativo teorico di oltre 3 anni, in cui approfondirà elementi di farmacologia, diagnosi, doveri legali, etica, dosaggi e scenari dei pazienti. Gli infermieri che superano il programma formativo devono registrarsi in qualità di prescrittori presso il NMC, prima di iniziare a prescrivere. Oltre alla formazione di base, gli infermieri prescrittori dovranno provvedere ad un aggiornamento continuo per il mantenimento delle competenze nella prescrizione.

Nel recente Marzo 2015 anche  la Spagna ha approvato la proposta di un Regio Decreto (VIDEO) che regolamenterà prescrizione infermieristica di medicinali e prodotti sanitari. La proposta ha ricevuto l’approvazione da parte del Consiglio di Stato e l’ultimo passo sarà l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri. La prescrizione sarà libera per i presidi e i medicinali senza obbligo di prescrizione medica, mentre per quelli soggetti a prescrizione i professionisti dovranno basarsi su linee guida e protocolli derivanti dall’evidenza scientifica.

In Italia il concetto di prescrizione infermieristica resta ancora un’utopia. Siamo ai germogli della discussione, lontani anni luce dalla possibilità che non sia solo il medico il soggetto prescrivente, ma anche l’infermiere, limitandosi ad un contesto prettamente di natura assistenziale.

È risaputo che l’infermiere si trovi ad affrontare situazioni in cui la prescrizione rientra nelle sue attività quotidiane, pensiamo alle famose prescrizioni al “bisogno”, oppure alla consuetudine di chiedere al medico di firmare prescrizioni che l’infermiere stesso compila, o ancora ai bizzarri passaggi burocratici che impongono al medico di prescrivere presidi di cui è l’infermiere l’unico professionista esperto.

In Italia l’infermiere non può prescrivere nemmeno farmaci da banco, che paradossalmente possono essere acquistati in una  qualunque farmacia senza obbligo di ricetta. Il tema della prescrizione trova, inoltre, ampio spazio nel terreno della cura delle lesioni cutanee, per quanto concerne la prescrizione delle medicazioni avanzate e dei presidi anti decubito, che necessita di una competenza di tipo specialistico.

Emerge la grande utilità che l’infermiere prescrittore potrebbe avere anche nel contesto italiano, limitatamente a quei presidi e materiali pertinenti all’assistenza infermieristica, rappresentando l’occasione per promuovere la crescita della professione, ma anche l’efficacia e l’efficienza dell’intero sistema.

La prescrizione infermieristica non può far altro che agevolare i cittadini, fornendo loro risposte più congrue e rapide ai bisogni assistenziali.

Risulta essenziale adeguarsi con i tempi e con gli altri stati europei,  non lasciando indietro gli infermieri, credere nelle loro capacità e competenze, per creare un infermieristica italiana che contribuisca al miglioramento del Servizio Sanitario Nazionale.

Raimondi Giuseppina

Sgarra Nicoletta

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