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Piano Nazionale della Cronicità oggi compie cinque anni ma sua attuazione è a lentezza cronica e a macchia di leopardo

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Piano Nazionale della Cronicità oggi compie cinque anni ma sua attuazione è a lentezza cronica e a macchia di leopardo
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Serve finanziamento specifico in prossima Legge di Bilancio, suo aggiornamento e una relazione del Ministero su stato di attuazione

Il 15 settembre 2016 veniva sottoscritto l’Accordo Stato-Regioni sul Piano Nazionale della Cronicità (PNC) e oggi sono trascorsi esattamente cinque anni.

Un Piano tanto importante quanto ancora troppo disatteso e visto l’impatto delle cronicità sul livello di salute delle comunità e sulla sostenibilità del SSN, il livello di attenzione al tema deve necessariamente e velocemente aumentare, soprattutto ora alla luce degli investimenti sull’assistenza sanitaria territoriale previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e delle cure mancate dovute all’emergenza Covid.

Infatti, secondo il “Monitoraggio della Spesa Farmaceutica Nazionale e Regionale Gennaio-Marzo 2021” a cura dell’Aifa, nel periodo gennaio-marzo 2021 si è ridotto di oltre 10MLN il numero assoluto di ricette rispetto allo stesso periodo del 2020.

In Italia le malattie croniche interessano circa il 40% della popolazione e rappresentano la principale causa di morte in quasi tutto il mondo, mentre in Europa si stima una spesa sanitaria intorno ai 700 miliardi di euro annui e sono la causa di circa l’86% dei decessi.

Secondo l’Istat è pari al 48,8% la quota over settantacinquenni con multicronicità (che soffre di tre o più patologie croniche) o che ha gravi limitazioni nel compiere le attività che le persone abitualmente svolgono. Tale quota è più elevata per chi vive nel Mezzogiorno (56,9% rispetto al 44,6% nel Nord e al 47% nel Centro) e tra le donne (55% rispetto al 39,7% tra gli uomini) e raggiunge il 60,7% tra le persone di 85 anni e più (rispetto al 39,3% delle persone di 75-79 anni).

Il PNC fortemente voluto dalle Associazioni di cittadini-pazienti che tanto hanno investito per scriverlo e facilitarne l’applicazione, vuole contribuire al miglioramento della tutela per le persone con malattie croniche rendendo più̀ efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità̀ ed equità̀ di accesso ai cittadini. Il tutto accompagnato da indicazioni circa il monitoraggio organizzato a più livelli: quello di livello centrale relativo al recepimento del Piano da parte delle Regioni; monitoraggio dei nuovi assetti organizzativi e operativi; la valutazione degli effetti dell’attuazione del Piano basata sugli outcome.

Come il SSN deve affrontare le cronicità è descritto nelle 149 pagine del Piano, diviso in due parti, una premessa e tre allegati. Descrive i 6 elementi chiave; le 5 fasi del processo di gestione della persona con cronicità; i 7 aspetti trasversali dell’assistenza. E ancora dedica un focus specifico sulla cronicità in età evolutiva e un paragrafo specifico dedicato al monitoraggio nell’attuazione, nonché le 10 condizioni di partologia (alcune distinte per età evolutiva e non) da cui si parte ad applicare quanto descritto nel PNC  e per le quali sono specificati gli obiettivi specifici.

Ma l’attuazione del Piano si muove con lentezza cronica.

Ci sono voluti sino a 3-4 anni per vedere recepito il piano nazionale da alcune Regioni con una Delibera.  Guardando invece a cosa è accaduto ad esempio rispetto alla stratificazione e targeting della popolazione, uno dei pilastri della strategia del Piano, da una ricognizione effettuata sul web e da desk a cura di Salutequità, le Regioni che hanno comunicato provvedimenti o progetti su questo fronte ad oggi sembrerebbero essere: Lombardia, Lazio, Liguria, Veneto, Puglia, Emilia-Romagna, Toscana, Trentino Alto Adige, Sardegna. Sono al lavoro Piemonte e Basilicata.

Ora su questa partita serve un cambio di passo per passare da formalismi e burocrazie a veri e propri fatti concreti, in grado di cambiare realmente e in positivo l’assistenza garantita alle persone con malattia cronica – ha dichiarato Tonino Aceti, Presidente di Salutequità – e per farlo serve un finanziamento specifico sfruttando l’opportunità offerta dalla prossima Legge di Bilancio (attualmente infatti il Piano non conta su alcun finanziamento), è necessario inoltre procedere con un suo aggiornamento viste anche tutte le innovazioni introdotte durante la pandemia e con una relazione del Ministero sul suo stato di attuazione. Quest’ultimi due aspetti erano già previsti nel Piano e in capo alla Cabina di Regia – ha quindi concluso”.

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