Un semplice clistere evacuativo, finito veramente male. Sia per una paziente novantenne, in pronto soccorso con l’intestino perforato, sia per l’infermiera che l’ha effettuato. Quest’ultima dovrà infatti risarcire la Asl per 100.000 euro.
Era il maggio del 2010 quando una novantenne fu ricoverata presso la RSA “Selene Menichetti” di Castelfranco di Sotto (Empoli). A causa della sua stipsi ostinata, fu sottoposta a un clistere evacuativo da parte di un’infermiera; procedura, questa, piuttosto semplice e che rappresenta la routine nelle residenze sanitarie assistenziali, così come nei reparti geriatrici.
Ma qualcosa, quel giorno, andò storto: la signora lamentò molto dolore a seguito della procedura, accompagnato dalla fuoriuscita di sangue. Per ore. Tanto che i responsabili della struttura presero la decisione di trasferirla al pronto soccorso dell’ospedale di Empoli per degli accertamenti. Lì, i medici le diagnosticarono una perforazione intestinale, quadro clinico che comportò un intervento chirurgico urgente, onde evitare complicanze assai più gravi come una peritonite.
A seguito dell’episodio i familiari dell’anziana chiesero un risarcimento danni. E tra diversi pareri e consulenze varie, l’auditing dell’Azienda sanitaria di Firenze sottolineò come “la verificazione di eventi così gravi e traumatici, quali la perforazione dell’intestino, a seguito dell’effettuazione di un clistere, stante il carattere elementare dell’intervento, sarebbe da addebitare unicamente all’imperizia di colui che esegue la misura, aggiungendo che l’esito negativo non si sarebbe verificato, qualora si fosse proceduto con la cautela e l’attenzione richieste e doverose”.
Quindi, nel 2011, a seguito di tutto ciò, per evitare oneri maggiori in caso di causa in Tribunale, l’Asl propose una transazione alla controparte e il conto che versò alla famiglia dell’anziana fu di 230.000 euro. In concomitanza di questo risarcimento, all’infermiera fu contestata la responsabilità amministrativa a titolo di colpa grave per aver praticato “il clistere alla paziente con tale imperizia da causare la perforazione dell’intestino”.
Ma la sanitaria, decisa a difendere sé stessa ed il suo operato fino allo stremo, dichiarò che le condizioni della paziente e del suo intestino erano tanto vulnerabili già prima di quel dannato clistere evacuativo. E che perciò la procedura non aveva affatto provocato i danni che le venivano contestati. E per i quali la Asl era stata costretta a sborsare quei 230.000 euro.
Spiegazione accolta, ma solo in parte: la Corte dei Conti ha “tenuto conto dell’alea di rischio, sia pure limitata, presente anche in interventi come quello concretamente praticato e del carattere notoriamente gravoso delle attività richieste al personale infermieristico operante in una struttura di assistenza per anziani”; ma ha ribadito il carattere gravemente colposo della condotta dell’infermiera. Condannandola ad un risarcimento di “soli” 100.000 euro.
Alessio Biondino
Fonte: Il Tirreno
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