L’ennesimo mio pensiero catastrofico riguardante la situazione infermieristica è stato mitigato dai concetti espressi da Lucio Di Camillo, Infermiere che esercita la professione dal 1996.
Lucio, dopo aver trascorso 10 anni presso la riabilitazione motoria di Villa Fulvia (Roma) ha lavorato fino al 2015 presso il Centro Paraplegici di Ostia per trasferirsi successivamente nell’ospedale G.B. Grassi di Ostia, reparto di U.T.I.C./cardiologia.
Il collega ha citato il pensiero della “Signora con la Lanterna” in maniera egregia.
Ripropongo di seguito le parole del collega:
“Per noi che prestiamo assistenza infermieristica, la nostra assistenza è qualcosa che se non contribuiremo a far progredire ogni anno ogni mese ogni giorno, contribuiremo a far regredire.”
Florence Nigthingale – 1872.
Questa frase mi ha molto colpito. Anche Florence Nigthingale aveva previsto, quasi 150 anni fa, la regressione della professione Infermieristica. Dopo le riforme degli anni ’90 sembrava che tutto dovesse cambiare per noi. Tutto faceva presagire che saremmo diventati responsabili dell’assistenza Infermieristica in una professione intellettuale con relativo riconoscimento economico e sociale.
Ma così non è stato. Che cosa è successo?
Semplice. Non abbiamo fatto i conti con la storia vocativa e religiosa dell’Infermiere, storia che oggi continua più forte che mai con i fautori del giro letti, delle cure igieniche, degli angoli delle lenzuola: insomma dell’Infermiere “tutto fare”.
Ogni generazione che entrava nel nostro mondo veniva contagiata dal vecchio sistema e la vocazione missionaria ha continuato a tramandarsi fino ai giorni nostri.
Fortunatamente non tutti i colleghi sono così. Molti vogliono il cambiamento, compreso il sottoscritto, ma siamo in netta minoranza.
L’assurdo è che mentre altre professioni cercano in tutti i modi di migliorare il proprio status cercando di far approvare leggi in loro favore, noi che le leggi le abbiamo già a nostro favore, non ne approfittiamo.
Facciamo di tutto per non rispettare tali normative e per non rispettare noi stessi denigrandoci e facendo regredire la nostra professione.
Alcune frasi che si leggono sui social appaiono davvero aberranti:
- “Le cure igieniche servono per valutare la cute del paziente”,
- “Si è sempre fatto cosi'” ,
- “Facciamoci un bagno di umiltà” ,
- “Il giro letti è il momento più bello”.
Ebbene queste frasi sono solo il segno di un malessere dovuto non solo alla vocazione missionaria ma anche alla paura nel cambiamento che produce più responsabilità che l’Infermiere storicamente non ha mai voluto, perchè staccarsi dal passato significa dover finalmente gestire appieno l’assistenza globale e questo terrorizza.
L’appiglio di rimanere infermiere “praticone” da quel senso di sicurezza di dover dipendere da qualcuno riducendo al minimo le responsabilità.
Ma i missionari non hanno fatto i conti con i giudici. Questi guardano le leggi e a loro non interessa se l’infermiere, per la fretta di fare le mansioni del personale di supporto, abbia fatto errori nella gestione dell’assistenza stessa.
La Nigthingale aveva previsto tutto. Ma cosa fare ora?
Lottare, lottare, lottare.
Lottare contro l’ignoranza dilagante dei missionari che ancora credono che per essere buoni Infermieri sia necessario fare bidet e letti. Lottare facendo capire che se ci stacchiamo dal mai tramontato mansionario ne avremmo tutti grandi benefici sociali ed economici.
Lottare facendo capire che se saremmo noi a gestire (non a praticare) l’assistenza Infermieristica sarà anche un bene per il paziente.
Lottare per far capire che le aziende sfruttino questa vocazione missionaria e le nostre divisioni interne per risparmiare personale facendo fare a noi Infermieri compiti impropri.
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