Nonostante la ginecologa avesse consigliato di optare per un intervento cesareo, che era stato persino programmato, i genitori optarono per il parto in casa, a Trento. Le cose, però, non andarono secondo i piani e la bimba, che oggi ha sei anni, è costretta a convivere con un ritardo nello sviluppo delle attività motorie e del linguaggio. Per questo motivo quattro persone devono rispondere di lesioni colpose gravissime: gli stessi genitori e le due ostetriche che nel settembre del 2017 seguirono in casa della coppia il parto podalico (quando il feto è disposto verso l’esterno con la parte inferiore del corpo).
Stando a quanto sostiene l’accusa, sia i genitori che le ostetriche, legate a un’associazione privata (non dipendenti dell’Azienda sanitaria), avrebbero agito in maniera colposa, insistendo nel portare a termine il parto podalico all’interno dell’abitazione e contattando tardivamente il Numero Unico per le emergenze. Al contrario, avrebbero dovuto comprendere la gravità della situazione e chiedere per tempo il trasferimento della partoriente all’ospedale Santa Chiara.
Nell’ultima udienza, che si è tenuta venerdì 31 maggio in Corte d’Assise, a Trento, la pm Alessandra Liverani ha chiesto la condanna a tre mesi di reclusione, con sospensione condizionale della pena, per i genitori. Per le due ostetriche, invece, sono stati chiesti rispettivamente sei e nove mesi, con sospensione della condizionale.
A una delle due professioniste è contestato anche il reato di falso in atto pubblico: avrebbe modificato la cartella ostetrica in modo da alleggerire la sua posizione e quella della collega, posticipando le fasi salienti del parto. Dal canto loro le difese respingono ogni addebito e contestano la ricostruzione dell’accusa.
Nel frattempo l’avvocato Marina March, curatrice speciale della minore, si è costituita parte civile e ha chiesto come risarcimento una provvisionale di almeno 1 milione di euro, somma che eventualmente dovrà essere anticipata e successivamente quantificata nel dettaglio in sede civile.
Stando alla ricostruzione effettuata dai carabinieri del Nas, il giorno del parto molte cose andarono storte. Nella notte si ruppe il sacco amniotico, e poco dopo partì il travaglio della donna (durato diverse ore). Intorno alle 7 di mattina iniziò la fase espulsiva, con il parto che avvenne alle 9:17. Eppure la bambina non respirava. Furono i medici dell’equipe d’emergenza, chiamati in ritardo (alle 9:32), a rianimare la piccola, che era andata in arresto cardiocircolatorio: 15 minuti che per l’accusa avrebbero cagionato le gravi lesioni.
Redazione Nurse Times
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