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Osteopati chiedono il varo dei decreti attuativi della professione

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Osteopati chiedono il varo dei decreti attuativi della professione
foto- pixabay
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L’iter che deve definire il profilo professionale degli osteopati non è ancora concluso. L’Osteopata è da due anni a questa parte una figura professionale in fase di regolamentazione in Italia e già riconosciuta a pieno titolo come Professione Sanitaria in dieci Paesi (Gran Bretagna; Francia; Finlandia; Sudafrica; Australia; Nuova Zelanda; Sudafrica; Svizzera; Portogallo e Islanda). Ma in Italia continua la situazione di incertezza: i tre mesi previsti dalla legge 3/2018 per il varo dei decreti attuativi della professione osteopatica sono ormai diventati più di due anni.

La sen. Paola Binetti ha presentato al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Francesco Boccia, una interrograzione in cui riporta l’attenzione sull’argomento.

La Binetti sottolinea che “in attesa di una normativa sanitaria di riferimento la categoria degli osteopati permane in una situazione di incertezza, aggravata durante la pandemia di Covid-19 e il lockdown dall’impossibilità di ricevere indicazioni formali circa la propria attività, a differenza delle categorie professionali sanitarie già istituite”.

“Noi ci troviamo adesso in un limbo molto difficile: la legge 3/2018 ci ha individuato come Professione Sanitaria ma non abbiamo ancora il percorso formativo con una Laurea Triennale. Ci sentiamo veramente sospesi in una situazione delicata e ci auguriamo si possa tutto concludere presto e per il meglio” aveva riferito tempo fa Paola Sciomachen, Presidente del Registro degli Osteopati in Italia (ROI).

“Siamo impazienti di conoscere la risposta all’interrogazione che permetterà di capire quando sarà effettivamente calendarizzato lo schema di Accordo sugli ambiti di attività e sulle competenze degli osteopati presso la Conferenza Stato-Regioni, passaggio necessario per continuare l’iter di regolamentazione con il MIUR per la definizione del corso di laurea” dichiara adesso Sciomachen.

Fonti: insalutenews.it, quotidianosanità.it

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