Quattro infermieri del Pronto Soccorso dell’ospedale di Saronno sono stati interrogati ieri in aula, nel corso del processo ai danni del medico Leonardo Cazzaniga.
Il vice primario è accusato di 14 omicidi, 11 dei quali avvenuti proprio nell’ospedale dove lavorava.
Avrebbe utilizzato il cosiddetto “Protocollo Cazzaniga”, ovvero un mix di farmaci anestetici messo a punto dall’anestesista per accelerare la morte di pazienti anziani o gravemente malati.
Alla domanda del pubblico ministero Cristina Ria “Lei era a conoscenza del protocollo Cazzaniga e in che cosa consisteva?” ogni infermiere presente ha riferito incredibili amnesie.
Tutti hanno, bene o male, affermato di averne sentito parlare, solo dopo ripetuti ed energici interventi della presidente della Corte d’Assise Renata Peragallo per arrivare (non in tutti i casi) ad una risposta.
Il modus-operandi evocato centinaia di volte dalla Procura della Repubblica, del quale tutti parlavano in Pronto Soccorso e anche in altri ambiti ospedalieri, sembrava improvvisamente diventato un tabù lunedì mattina in aula.
Alcuni infermieri avrebbero ricordato i particolari solo dopo varie contestazioni del pubblico ministero che, più volte è dovuta ricorrere ai verbali di interrogatorio per far tornare loro la memoria.
Anche le ripetute incursioni della presidente della Corte d’Assise nelle quali ha ribadito il giuramento del teste ed il rischio di essere accusati di falsa testimonianza avrebbero aiutato i dipendenti ospedalieri nel chiarire le idee.
Tale metodo avrebbe suscitato il malumore tra gli avvocati difensori e, in particolare modo, da parte del legale di Cazzaniga Ennio Buffoli.
L’ultimo dei 4 infermieri è riuscito a fornire la definizione emersa dall’indagine di Procura e Carabinieri di Saronno: «Si trattava di una procedura utilizzata dal dottor Cazzaniga in casi di pazienti in condizioni di salute fortemente scadute e che velocizzava la morte del paziente. In un caso ho sentito direttamente Cazzaniga dire che voleva applicare il protocollo».
Un altro infermiere, invece, dopo aver dichiarato di averne sentito occasionalmente parlare, avrebbe detto che credeva «si trattasse di una terapia per curare il paziente fino a quando ho saputo delle indagini».
Tutti e quattro i testi hanno confermato l’utilizzo di benzodiazepine, sottratte dall’armadietto dei medicinali del reparto contro ogni regola, da parte di Cazzaniga.
Anche la relazione sentimentale con la Taroni, con tanto di frequenti effusioni sul posto di lavoro, è stata confermata in aula.
Nessuno di loro, però, ha mai pensato di segnalare questi comportamenti ad un superiore: «Pensavo fosse normale» – ha detto uno di loro.
Oltre ai quattro infermieri ha risposto alle domande anche il maresciallo dei carabinieri Fabio Broggi che ha condotto le indagini sul campo. A lui il compito di ricostruire come siano state condotte le indagini, con quali mezzi e con quali risultati.
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