Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del Collegio Ipasvi di Como sugli omicidi all’ospedale di Saronno. Il Collegio Ipasvi di Como è quello dove è iscritta l’infermiera indagata e che quindi ha il compito di intervenire in caso di provvedimenti disciplinari.
“I fatti accaduti a Varese, con le indagini in corso per accertare le responsabilità nei decessi per i quali un medico anestesista dell’ospedale di Saronno (Varese) è stato arrestato con l’accusa di omicidio plurimo tra cui si ipotizza perfino quello del padre e quello del marito della sua amante, un’infermiera iscritta al nostro Collegio che deve rispondere anche lei di complicità nel delitto avvenuto il 30 giugno 2013, dimostrano che è ora di scrivere la parola fine sulla mancanza di controlli seri e strutturati.
Ma anche al silenzio e all’omertà di chi assiste a episodi che vanno subito denunciati e bloccati prima che assumano toni e caratteristiche di vera follia, soprattutto dopo che gli inquirenti hanno reso noti una serie di particolari e le intercettazioni ambientali. Come ha dichiarato la stessa ministra Beatrice Lorenzin “è fuori dall’immaginazione che possano accadere cose del genere in un ospedale”.
I Collegi e la Federazione nazionale degli infermieri da tempo chiedono che i controlli non siano lasciati all’audit professionale e alla buona volontà di singoli amministratori, ma vengano strutturati e resi omogenei e obbligatori in tutte le strutture del territorio nazionale. La nostra professione dà il massimo in questo senso: è grazie alle denunce proprio di altri infermieri e di operatori sanitari che i fatti sono venuti alla luce. Troppo tardi purtroppo.
Il fatto di coinvolgere per l’ennesima volta l’immagine degli infermieri con qualcosa e qualcuno che dell’infermiere non ha davvero nulla, pone con forza la necessità di difendere il decoro e la dignità della professione. Siamo pronti ad agire di conseguenza dal punto di vista disciplinare, è ovvio, ma ancora una volta la cronaca mette l’accento comunque sulla mancanza di controlli sia preventivi che di argine a fatti su cui spesso si fa finta di non vedere.
E’ ora di dire con forza basta! Episodi del genere provocano raccapriccio soprattutto in chi la salute e la vita la tutela e lotta ogni giorno perché nessuna la perda. Non si riesce nemmeno a immaginare che persone a cui i pazienti hanno dato la loro fiducia, possano ripagarla così. Fatti del genere, va ribadito, non sono ascrivibili a una professione, ma fanno parte dello status mentale del singolo individuo.
Servono controlli maggiori, regolari e continui, qualunque essi siano: non si può e non si deve arrivare a questo. E la professione deve fare in modo che siano immediatamente evidenziati simili episodi che possano essere evitati per non creare evidenti situazioni di pericolo per i pazienti e gravi danni all’immagine, alla professionalità e alla figura dell’infermiere.
E non solo. La Sanità ha bisogno di fiducia per tutelare la salute e salvare vite, non le toglie!
Per questo non vogliamo che la nostra professionalità sia associata a situazioni e persone che con essa non hanno davvero nulla a che fare. Anzi, che ne sono l’esatto opposto: l’infermiere assiste e difende il malato, non uccide né partecipa per propri fini agli atti di chi lo fa.
E in questo senso applicheremo con il massimo rigore le relative misure disciplinari che si renderanno necessarie a tutela della dignità professionale e dell’immagine di tutti gli Infermieri che ogni giorno operano con senso di responsabilità e spirito di abnegazione in rispetto del Codice Deontologico.
A partire dalla sospensione dall’attività professionale, fino, una volta emessa la sentenza, all’eventuale radiazione dall’Albo per chi compie o si rende complice di atti che con la nostra professione non hanno nulla a che fare”.
Oreste Ronchetti
Presidente Collegio Ipasvi di Como
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