OCCUPAZIONE INFERMIERISTICA: MENTRE I MEDIA E LE STATISTICHE DANNO (FALSE) SPERANZE, GLI INFERMIERI ITALIANI SCAPPANO ALL’ESTERO E AFFOLLANO I CONCORSI PUBBLICI PERCHE’ NEL “BELPAESE” MANCA LAVORO
Spett.le Redazione di Nurse Times è da tempo che volevo inviare un articolo riguardo la disastrosa situazione occupazionale degli infermieri in Italia mascherata con la complicità dei media e di dati statistici fuorvianti e il più delle volte non corrispondenti al vero.
A tutto questo si va ad aggiungere un silenzio assordante degli organi IPASVI, che a mio parere fanno poca chiarezza in merito.
Per potere costruire il mio ragionamento dovrò purtroppo citare prima rapidamente qualche numero. Iniziamo con l’ultimo rapporto annuale (del 2015) di AlmaLaurea che monitora l’inserimento lavorativo dei laureati.
Esso asserisce che i neo-infermieri a un anno dalla laurea triennale lavorano nel 61% dei casi. Precedentemente nel 2014, invece, il sindacato infermieristico Nursind pubblicava un documento in cui venivano analizzati i dati occupazionali degli infermieri laureati dal 2009 al 2013, periodo di tempo in cui la crisi economica colpiva maggiormente il nostro Paese.
In questo documento si evidenziava la continua decrescita dell’occupazione al primo anno dalla laurea passata dal 90% del 2009 al 25% del primo quadrimestre del 2014, tra l’altro con marcate differenze tra le varie aree geografiche del Paese.
Come è possibile che dal primo quadrimestre del 2014, ultimo periodo preso in esame dalla studio del Nursind, all’ultimo rapporto di AlmaLaurea del 2015, ancora in piena crisi economica siamo passati da un 25% a un 61% di occupazione a un anno dalla laurea?
Quindi con un incremento del 36% di occupati in appena un anno? Miracolo o effetto del Job Act? Ovviamente si ironizza ed io per “appartenenza professionale” mi fido maggiormente delle cifre del Nursind ma è evidente lo stesso che c’è qualcosa che non torna in questi numeri.
Per non parlare della CGA di Mestre che sempre nel 2014, notizia riportata su tutti i media nazionali con grande coraggio affermava che: “Infermieri e Ostetriche sono professioni difficili da reperire”.
Naturalmente notizia palesemente falsa, prontamente smentita anche da Nursind che rispose menzionando un altro dato: 25.000 infermieri disoccupati. Dato a mio parere estremamente sottostimato ma lo stesso indice di una profonda saturazione del mercato del lavoro infermieristico.
Poi non bisogna dimenticare il rapporto O.C.S.E. 2014 che afferma che in Italia mancherebbero almeno 60.000 (in quanto l’Italia sarebbe sotto la media Europea per numero di infermieri ogni mille abitanti) infermieri sovvertendo di fatto lo studio, poco fa citato, sull’occupazione infermieristica del Nursind che va dal 2009 al primo quadrimestre 2014.
Unico dato a mio avviso reale in questa jungla di numeri è quello degli infermieri che emigrano all’estero per trovare lavoro. Solo nel Regno Unito vi è stato un aumento del 70% nel triennio 2012-2015 arrivando ad oltre 2.500 italiani oltremanica, numero sicuramente destinato a crescere.
Ora il mio ragionamento è semplice: L’Italia è un Paese in cui nel corso degli ultimi anni tutti i governi che si sono susseguiti hanno effettuato tagli lineari alla Sanità (settore in cui si spende meno degli altri Paesi Europei), considerato solo come un limone da premere e non come una risorsa. Tagli che si sono tradotti in chiusura di Presidi Ospedalieri, aumento dei costi dei Ticket sanitari, accorpamenti o chiusura di unità operative, tagli ai posti letto etc. e ovviamente tagli al personale con mancate assunzioni nel settore privato e pubblico.
Quindi il problema è diventato strutturale perché da un lato le cliniche non assumono e le Aziende Ospedaliere e Asl bandiscono concorsi per infermieri col contagocce per poche unità ai quali prendono parte ogni volta migliaia di concorrenti.
Dall’altro ci sono le università che nonostante questo mancato inserimento nel mondo del lavoro di un numero spropositato di infermieri continuano a “sfornare”, sebbene esista il numero chiuso, ogni anno altrettante migliaia di neo-laureati ai quali se ne andranno ad aggiungere altre migliaia dell’anno dopo, dell’altro ancora etc., creando così un ingorgo, in pratica un esercito di disoccupati.
Anzi dirò di più, in risposta a questa mancata canalizzazione nel mondo del lavoro negli ultimi anni ho notato nello specifico che nella regione in cui vivo, la Campania, vi è stato un aumento del numero dei posti a concorso banditi dalle università per accedere ai corsi di laurea in infermieristica, sulla scorta di presunti fabbisogni delle strutture ospedaliere e delle ASL assolutamente sovrastimati e calcolati sulla base di sblocchi di turn-over e pensionamenti mai avvenuti.
Tutta questa situazione, secondo me è molto preoccupante perché se non adeguatamente affrontata sin da subito porterà nel giro di pochi anni ad un surplus incontrollato di infermieri disoccupati. Però in compenso abbiamo le statistiche che ci rincuorano, con il 61% di occupazione stimato da AlmaLaurea, con “L’introvabilità degli infermieri come figura professionale” della CGA di Mestre o come la carenza di 60.000 infermieri in Italia individuata dall’O.C.S.E.
Dato quest’ultimo molto approssimativo che potrebbe essere veritiero solo in piccola parte, nonostante io creda che il fabbisogno in Italia sia decisamente inferiore alla 60.000 unità, se venisse adottato un turn over di personale infermieristico attraverso assunzioni di nuovo personale che le Regioni in particolare quelle del Sud e le Aziende Ospedaliere reclamano da tempo.
Un vortice di numeri, statistiche e dati con veramente poco riscontro pratico scientemente finalizzato ad invogliare i ragazzi ad iscriversi all’università.
Perchè i test a numero chiuso prima, le tasse universitarie poi per coloro che riescono ad accedervi e quindi ad immatricolarsi rappresentano dei meccanismi che consentono agli Atenei e quindi allo Stato di fare un bel po di cassa sulla pelle di tanti ragazzi che coltivano così il loro sogno di svolgere una professione bellissima, illudendosi poi di avere un lavoro sicuro, intraprendendo legittimamente questo percorso di studi.
Purtroppo la realtà è un’altra, le aspettative vengono disilluse subito al termine del percorso di studi, dopo aver investito in termini economici attraverso pesantissime tasse universitarie, talvolta con immani sacrifici per poi ritrovarsi dopo tre anni senza riuscire a trovare alcuna occupazione.
Dunque, a mio parere, una truffa mediatica organizzata alimentata da un sistema mangia soldi che rispecchia appieno il sistema universitario italiano, che eccelle in formazione ma che pecca in collocazione lavorativa post-laurea.
Sistema coperto da numeri smentiti sistematicamente da altri numeri, stavolta quelli veri, che corrispondono alle migliaia di concorrenti che partecipano ai concorsi pubblici, di quello crescente di infermieri che abbandonano l’Italia e di quello sempre maggiore di infermieri libero-professionisti.
In tutta questa storia manca chiarezza sul vero “Stato di salute” dell’occupazione della professione, con la politica, inutile e senza ritegno, tutta impegnata a tutelare unicamente i loro interessi, lascia che professionisti eccellenti, che il mondo ci invidia, scappino all’estero per svolgere questa magnifica professione perché qui è diventata cosa assai complicata.
Un infermiere indignato e disoccupato
Fonti:
Andamento dell’occupazione infermieristica in Italia dal 2003 al 2013
Ocse: in Italia mancano 60mila infermieri, ma 25 mila neolaureati non trovano lavoro
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