Seconda proposta
Per una nuova e decorosa identità professionale che prescinda da inutili inchini al Sistema e che conceda un corale e sostanziale impegno all’intera famiglia professionale. L’Infermiere assiste la persona e la collettività attraverso l’atto infermieristico inteso come il complesso dei saperi, competenze e responsabilità nei diversi contesti assistenziali e lavorativi. Ricordo che abbiamo già un “rapporto di enorme rispetto e professionalità nei confronti dell’utente/paziente” espressi dal “Patto Infermiere-Cittadino” e dai rispettivi impegni presi con il Giuramento degli Infermieri e il “Il giuramento di Florence Nightingale per le infermiere” del 1893.
Puntuale, umano, professionale ma con una pecca: l’art. 49
“L’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera. Rifiuta la compensazione, documentandone le ragioni, quando sia abituale o ricorrente o comunque pregiudichi sistematicamente il suo mandato professionale”.
È terminato il periodo delle infermiere crocerossine e della vocazione!!!! O siamo professionisti e agiamo secondo i criteri di professionalità oppure meglio tacere e andare tutti a casa!
Il volontariato e il mio contributo alla cittadinanza non lo nego, ma lo offro secondo mia insindacabile vocazione all’attività filantropica lontano dalla U.O. Sul posto di lavoro devo avere miei diritti e doveri che devono prescindere da imposizioni di carattere depauperante e istigatori come l’art.49!
Purtroppo debbo essere duro perché a qualcuno non è chiara la definizione di “compenso”. Al di là del mero aspetto finanziario che può ristorare la Nostra prestazione, l’ art. 1241 c.c cita che “la compensazione si verifica quando due persone sono obbligate una verso l’altra per debiti e crediti reciproci; in questo caso i reciproci debiti e crediti si estinguono per le quantità corrispondenti”
La compensazione è un mezzo di estinzione dell’obbligazione a carattere satisfattorio perché ciascun soggetto rimane soddisfatto ottenendo l’estinzione del proprio credito.
Tutto ciò, se non adeguatamente sistemato, diventa la LEGALIZZAZIONE ALLA GENUFLESSIONE E AL DE-MANSIONAMENTO, quale effetto della post ausiliarietà e della decapitalizzazione del lavoro dell’infermiere (turn over, dei contratti, il sotto dimensionanemento degli organici, la compressione dei minuti di assistenza, il rapporto squilibrato nel numero tra professioni diverse, il costo zero, il precariato ecc.).
Per il bene del malato nella contingenza egli sacrifica i suoi diritti. Questo diventa un grosso problema se è una consuetudine. Se al contrario l’infermiere fosse rigidamente interprete del suo profilo, rifiutandosi alla consuetudine tutto salterebbe per aria in un minuto: quindi STOP al TAPPA BUCHI! In definitiva il primo a SNATURARE la nostra identità professionale è niente popò di meno che il caro Codice Deontologico.
Come si può pensare al RI-MANSIONAMENTO (con le cosiddette competenze specialistiche terreno fertile di dibattiti) se il Nostro Codice Deontologico ci ha già De-Mansionati?
La nostra eccezionale polivalenza non va dimostrata in questo modo, bensì erogando con dignità e senza incrinazioni volte alla de-personalizzazione professionale. L’art.49 quindi va rivisto, se l’intento è quello di sottolineare il senso di responsabilità dell’infermiere virando dalla formula che ne impoverisce l’importanza nel panorama professionale, valorizzando le caratteristiche funzionali nel sistema.
Tratto da www.infermieristicamente.it
Michele Calabrese
Lascia un commento