Questa scoperta, a opera del Cnr-Ibpm di Roma, potrà portare all’individuazione di farmaci in grado di inibire lo sviluppo di determinate neoplasie.
Uno studio dell’Istituto di biologia e patologia molecolari del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibpm) di Roma, pubblicato sulla rivista Autophagy, ha identificato una nuova molecola, denominata SM15, che riesce a inibire l’autofagia cellulare, cioè il processo attraverso il quale i componenti danneggiati delle proteine vengono riutilizzati per la costruzione di nuove molecole proteiche. Questo processo consente alle cellule tumorali, in taluni casi, di sopravvivere.
“Nei tumori, l’autofagia svolge un duplice ruolo, perché è in grado di favorire la sopravvivenza o la morte delle cellule tumorali, a seconda del tipo e dello stadio del tumore – spiega Daniela Trisciuoglio, ricercatrice del Cnr-Ibpm e coordinatrice dello studio -. Questa piccola molecola impedisce una fase specifica dell’autofagia e, allo stesso tempo, blocca la mitosi, attraverso la quale da una cellula si generano due cellule figlie dallo stesso corredo cromosomico di quella originaria. Ciò determina, per le cellule tumorali, l’impossibilità di riprodursi e di rigenerarsi, causandone la morte”.
In particolare, lo studio ha dimostrato che la molecola blocca le fasi più tardive del processo autofagico agendo sulla proteina SNAP29, che guida la fusione tra il materiale da degradare e i lisosomi, gli organelli che smantellano le proteine.
“L’attività della SM15 impedisce la degradazione ed il riciclo di materiali cellulari deteriorati, ormai tossici per la cellula – spiega Francesca Degrassi, ricercatrice del Cnr-Ibpm -. Durante la mitosi, ovvero il processo di divisione cellulare, la molecola si inserisce nelle regioni responsabili del movimento dei cromosomi, producendo cellule figlie fortemente sbilanciate nel numero di cromosomi, che muoiono in breve tempo”.
Aggiunge Degrassi: “Questa duplice azione della molecola SM15 potrà avere grande rilevanza nell’ambito della ricerca preclinica. Infatti, nei tipi di tumore che necessitano di una funzionale autofagia per sopravvivere (quali il glioblastoma e gli adenocarcinomi duttali pancreatici), questa molecola potrà essere un efficace inibitore del processo. Inoltre permetterà di identificare nuovi trattamenti farmacologici in grado di indurre la distruzione delle cellule tumorali attraverso due strade sinergiche: la morte in mitosi e quella determinata dall’inibizione dell’autofagia”.
Redazione Nurse Times
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