L’ha svelata uno studio nato dalla collaborazione tra l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, l’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa e il Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova.
Tra i numerosi sintomi del mal di testa figura l’ipersensibilità alla luce, che induce chi ne soffre a cercare di passare più tempo possibile al buio durante le fasi acute. A livello scientifico questa esperienza comune è stata considerata a lungo in contraddizione con il fatto che il mal di testa porta a una diminuzione dell’attività dei neuroni nella corteccia visiva. Come fanno infatti i neuroni meno attivi a portare a una trasmissione maggiore, addirittura eccessiva, degli stimoli visivi?
Lo svela uno studio nato dalla collaborazione tra l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, l’Istituto di Neuroscienze del CNR di Pisa e il Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Padova, e pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Headache and Pain, dedicata alle ricerche sul mal di testa. Durante l’emicrania i neuroni sono effettivamente meno attivi, ma allo stesso tempo riescono a sincronizzarsi in modo più veloce, così che la risposta collettiva della corteccia visiva è in grado di propagarsi con un’efficacia addirittura eccessiva, che porta all’ipersensibilità.
“Il nostro studio mostra che i neuroni nella corteccia sono meno attivi in risposta a uno stimolo visivo – spiega Nicolò Meneghetti, primo autore del lavoro e studente PhD dell’Istituto di BioRobotica –. Questo succede a causa di un potenziamento, nelle persone con mal di testa, dei neuroni “inibitori” il cui ruolo è quello di diminuire l’attività cerebrale. Meno attività però non significa per forza che le informazioni non continuino a viaggiare: non solo i neuroni continuano a parlare tra di loro, ma proprio i neuroni inibitori sincronizzano le comunicazioni impacchettandole più velocemente di quanto non succeda senza emicrania, portando quindi a una trasmissione troppo efficace dell’informazione visiva”.
“Per capire i comportamenti patologici dei neuroni – spiega Alberto Mazzoni, responsabile del Laboratorio di Neuroingegneria computazionale della Scuola Superiore Sant’Anna e co-coordinatore del progetto – partiamo sempre da un modello matematico del comportamento sano e poi studiamo come le modifiche che la malattia induce nei singoli neuroni portino a cambiamenti nella dinamica della rete e quindi a malfunzionamenti. Questo è possibile solo con una collaborazione molto stretta tra chi acquisisce i dati e chi li analizza e modella, ovvero i neurofisiologi e i neuroingegneri. I risultati di oggi in particolare non sarebbero stati possibili senza Matteo Caleo, professore al CNR di Pisa e all’Università di Padova, che ha ideato il lavoro e ne ha guidato gli aspetti sperimentali fino alla tragica e prematura scomparsa di questa primavera. Il lavoro è dedicato a lui”.
Questa scoperta apre la strada non solo a possibili cure mirate per gli effetti visivi del mal di testa, ma anche alla comprensione dei meccanismi di altre patologie che ci rendono ipersensibili alla luce. “L’emicrania – conclude Meneghetti – condivide alcune caratteristiche comuni con altre malattie, come ad esempio l’epilessia. Il nostro modello potrebbe quindi aiutare a spiegare alcune caratteristiche di queste patologie e a trovare nuove soluzioni per combatterle”.
Redazione Nurse Times
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