Un’infermiera è stata sottoposta a provvedimento disciplinare per non aver iniziato la procedura di rianimazione cardiopolmonare ad una paziente “visibilmente deceduta”
La paziente 85enne venne ritrovata “non responsiva”, nella nursing home di Moorland Road da un ausiliario della struttura.
Il dipendente chiamò l’infermiera Kendall, responsabile del turno, che decise di non iniziare le manovre di rianimazione cardiopolmonare ne tantomeno chiamare il numero dell’emergenza, nonostante il paziente non avesse fornito alcuna disposizione in merito ad un eventuale ordine DNAR (Do Not Attempt Resuscitation).
Molto tempo dopo qualcuno chiamò i paramedici al numero 999, i quali non fecero altro che constatare il decesso della donna.
La Kendall fu sospesa mentre un’indagine interna venne avviata.
Anche la Polizia locale investigò, determinando come non vi furono circostanze sospette che potessero far pensare ad un reato, prima ancora che l’esame autoptico constatò come la donna fosse morta per cause naturali.
All’infermiera venne concesso di fare rientro a lavoro, subendo un richiamo scritto.
Proseguì la propria carriera nella struttura, venendo descritta negli anni successivi come una “buona dipendente”.
Ms Kendall ammise come la propria condotta fosse negligente. Ammise anche come “gli standard di assistenza infermieristica attesi da un professionista venirono meno in quella circostanza”.
L’infermiera ammise che, sebbene considerasse che il paziente fosse biologicamente morto, poiché nessuna disposizione DNAR era disponibile, era obbligata ad iniziare le procedure di rianimazione cardiopolmonare telefonando al numero dell’emergenza, per ottenere assistenza medica immediata.
In conclusione, l’infermiera ammise di essere andata oltre alle proprie competenze in quell’occasione, non essendo in grado di certificare il decesso di una persona.
In una lettera indirizzata all’NMC, si è dichiarata profondamente pentita, assicurando che in una situazione simile chiamerà sicuramente il numero dell’emergenza.
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