Introduzione di Giuseppe Papagni
Grande interesse per il progetto editoriale targato Nurse Times denominato Nurse EXperimental Thesis (NExT), sono infatti numerosi i lavori di tesi di laurea che giungono all’indirizzo mail della nostra redazione ([email protected]) e successivamente pubblicate nello spazio dedicato.
NExT è il progetto editoriale rivolto a tutti gli studenti in Infermieristica e neo laureati che raggiungono un obiettivo importante della propria vita.
La dott.ssa Melica Anna Federica, laureatasi in data 3 maggio 2016, anno accademico 2014/2015, presso l’Università degli Studi di Bari, presentando la tesi dal titolo: “COLLABORAZIONE E INTEGRAZIONE TRA INFERMIERE ED OPERATORE SOCIO SANITARIO: INDAGINE CONOSCITIVA IN CAMPO OSPEDALIERO”, relatore Dott.Spennato Gerardo.
La Redazione di Nurse Times si congratula con la collega per l’importante traguardo raggiunto e augurandoci che si concretizzino le sue aspettative per un lavoro stabile.
Il tema del personale di supporto è particolarmente dibattuto in Italia da diversi anni ed è certamente di grande attualità, non solo nel nostro contesto, ma anche nei contesti sanitari dei Paesi Europei ed extra-europei, dove nella diversità degli assetti sanitari e professionali complessivi, esistono da sempre figure di supporto inserite nei setting assistenziali.
Ciò che mi ha ispirata nel trattare questo argomento all’interno della mia tesi è stata principalmente la mia esperienza triennale di tirocinio formativo all’interno dell’ Ospedale Vito Fazzi di Lecce.
Questa mi ha infatti permesso di constatare due importanti crepe della sanità:
- Carenza di personale infermieristico e di personale di supporto;
- Laddove queste due figure sono presenti non sono ancora in grado di integrarsi e collaborare fra loro.
Tutto questo porta inevitabilmente ad un calo della qualità dell’assistenza. Ed è proprio dal concetto di assistenza che vorrei partire; essa è intesa come: “Attività svolta in modo autonomo al servizio di altri da una determinata categoria o gruppo di persone che sono in possesso di specifiche conoscenze scientifiche e di competenze tecniche, acquisite dopo un’adeguata formazione che ne determina il livello di qualificazione”.
Questo termine viene descritto in maniera generica dall’Enciclopedia Treccani ma può essere sicuramente ricondotto sia alla figura dell’infermiere che a quella dell’OSS.
L’infermiere è infatti considerato del D.M. 739 DEL 1994 “Professionista sanitario responsabile dell’assistenza infermieristica”, “Deve essere adeguatamente formato e quando possibile deve aggiornarsi allo scopo di erogare un servizio qualitativamente sempre più elevato”.
“Agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli operatori sanitari e sociali e si avvale, ove necessario, del personale di supporto”.
L’OSS invece “..Svolge attività di supporto e di integrazione nel contesto organizzativo dei servizi e di collaborazione con il personale sanitario e sociale” (Accordo Stato-Regioni 22 Febbraio 2001)
Possiamo notare come in entrambi i profili vengono rimarcati i concetti di COLLABORAZIONE ed INTEGRAZIONE. Ma come l’infermiere dovrebbe gestire il suo rapporto con l’OSS?
Molto spesso sentiamo parlare di “delega”, intesa come ”Trasferimento ad una persona competente dell’autorità di eseguire un determinato compito infermieristico in una data situazione”, ma nel caso dell’OSS questo termine non è adeguato.
Egli infatti non può ricevere un totale trasferimento del potere decisionale, né tanto meno delle relative responsabilità, in quanto non possiede competenze e professionalità pari a quelle dell’infermiere; pertanto è più appropriato parlare di “attribuzione”, dove attribuire non vuol dire cedere al personale di supporto funzioni specifiche del profilo professionale infermieristico, ma permettere a tali figure di compiere alcuni atti su specifica indicazione infermieristica; atti che vanno a comporre parti del piano assistenziale ma la cui responsabilità rimane del tutto infermieristica.
In linea teorica e a livello giuridico tali affermazioni sono estremamente semplici da comprendere. La complessità si incontra al momento che il professionista si trova nella realtà operativa quotidiana. Infatti l’inserimento della figura dell’OSS è purtroppo influenzato dalle caratteristiche organizzative specifiche e dalle esigenze di ogni singola Azienda, in quanto molto spesso vi è una definizione poco chiara dei ruoli e una ridotta capacità di Comunicazione, Coordinamento e Cooperazione.
Ho voluto quindi valutare il punto di vista degli infermieri italiani rispetto a tale argomento attraverso uno studio descrittivo, con la somministrazione sul web di un questionario destinato ad un campione di 370 infermieri provenienti da tutta l’Italia, ho potuto valutare i seguenti aspetti:
- Che concezione ha l’infermiere dell’O.S.S.
- Come si pone nei suoi confronti?
- L’ O.S.S. è integrato in maniera adeguata all’interno dell’equipe assistenziale e collabora con l’infermiere?
La popolazione infermieristica campionata ha un’età compresa tra i 20 e i 30 anni, una formazione di tipo Universitario (82%); il sesso predominante è quello femminile.
Dai primi dati raccolti viene messa immediatamente in risalto la differenza tra la situazione del Sud e quella del Nord; infatti a parità di posti letto (più di 20 per U.O.) il 52% degli infermieri del Nord ha a disposizione più di due O.S.S. per turno, mentre gli infermieri del Sud Uno solo. Ma il dato più rilevante indica che ben il 29% degli infermieri del Sud non hanno a disposizione alcun O.S.S. nella propria Unità Operativa!
Da ciò si inizia a percepire la “crisi economica sanitaria”, la disorganizzazione del lavoro ed un non corretto uso delle risorse.
Per quanto riguarda il concetto di crisi economica, che nasce già nel 2006, con la caduta delle banche americane, possiamo dire che in Italia si concretizza in vari ambiti lavorativi. Ma per quanto riguarda nello il settore sanitario, che segue il modello anglosassone, abbiamo a disposizione un Fondo Sanitario Nazionale che viene diviso tra le varie Regioni. A parità di abitanti però alcune regioni del Nord vengono privilegiate (es. Emilia Romagna) rispetto ad alcune regioni del Sud (es. Puglia), permettendo quindi alle Unità Operative del Nord di poter assumere più personale. A questo punto ci si deve chiedere: perché c’è così tanta “libertà di scelta”?
La risposta è abbastanza deducibile: il problema principale è che non c’è una legge che da dei riferimenti precisi su quanto “organico” deve essere presente in ogni Unità Operativa: per organico si intende personale infermieristico, personale di supporto, etc.. Quindi in questo modo le varie Aziende Ospedaliere, non essendo vincolate, gestiscono le assunzioni in base alle loro possibilità economiche e non alle effettive esigenze dei reparti!
Gli infermieri campionati dimostrano di avere capacità organizzative e di valutazione rispetto alle azioni da attribuire all’OSS.
Alla domanda ”Ci sono attività in sovrapposizione tra Infermiere e O.S.S.?” le tre parti d’Italia mi rispondono in maniera abbastanza equa, in quanto metà del campione infermieristico ritiene che ci siano attività in sovrapposizione tra infermiere ed OSS: Più precisamente parliamo di infermieri “tutto fare” e OSS che si ergono ad infermieri in una realtà dove la carenza di personale regna sovrana.
In questa situazione come può l’OSS integrarsi e collaborare con l’infermiere?
A questo punto, riallacciandomi alla confusione di ruoli che ormai ha invaso tutta la Sanità, vorrei analizzare un’altra domanda del questionario somministrato: chiedo infatti agli infermieri campionati chi sia a loro parere l’OSS.
L’88,7% rispecchia nell’OSS una figura di supporto, dimostrando di conoscere correttamente la legislatura, una minima parte invece (4,3%) ha ancora delle idee confuse, in quanto vede l’OSS come un collaboratore, o addirittura come un sostitutore dell’infermiere generico.
In tutte le regioni italiane gli infermieri pensano al 50% in media che ci siano diverse attività in sovrapposizione tra infermiere ed OSS. Perché?
Alla base ritroviamo sempre la carenza di personale e la conseguente disorganizzazione del lavoro: alcuni OSS, soprattutto nel privato, si trovano a svolgere prestazioni che non li competono, sostituendo a volte del tutto la figura dell’infermiere; come dall’altra parte ci sono degli infermieri che, a causa della carenza/assenza del personale di supporto svolgono attività di competenza dell’OSS (demansionamento!!).
In una delle ultime domande chiedo agli infermieri se ritengono o meno di aver perso l’interesse nei confronti dell’assistenza di base con l’avvento delle competenze specialistiche e se ritengono che ci siano attività da poter svolgere in collaborazione con l’OSS.
In questo caso le risposte degli infermieri sono state abbastanza omogenee tra le varie regioni, in quanto la metà risponde positivamente e l’altra metà in maniera negativa.
Per quanto riguarda l’assistenza di base, il 61% degli infermieri dice di non averne perso l’interesse; ma analizzando la realtà ospedaliera ci si rende conto che più che interessato l’infermiere sia obbligato a svolgere tali attività e il motivo è sempre lo stesso: la carenza di personale di supporto!
Per quanto riguarda le competenze specialistiche, l’infermiere deve metterle in pratica! Nell’ambito dell’assistenza di base ci sono alcune azioni che egli può attribuire all’O.S.S. (igiene, alimentazione del paziente), ma in ogni caso deve sempre e comunque vigilare e valutare il livello di complessità assistenziale; dal momento che l’infermiere si rende conto che l’azione richiede il suo intervento può, anzi deve agire in prima persona e chiedere la collaborazione dell’O.S.S..
Sulla base dei dati raccolti si può quindi dedurre che:
- Le dotazioni organiche di personale di supporto non sono adeguate, soprattutto al Sud, al numero di posti letto presenti nelle Unità Operative;
- Non vi è una corretta organizzazione del lavoro e di conseguenza le due figure professionali non vengono sempre distinte;
- Il campione infermieristico è consapevole, in linea teorica , del ruolo dell’O.S.S. , ma non riesce ancora a collaborare con esso a causa delle dinamiche strutturali e delle esigenze delle varie Unità Operative.
Adesso che la visione è abbastanza chiara possiamo individuare quali sono le aree e gli aspetti su cui bisogna intervenire:
- Legislatura
- Organizzazione del lavoro (integrazione e collaborazione)
- Chiarezza sui ruoli
- Qualità dell’assistenza
Partendo dal punto 1, credo sia necessario che venga stilata una Legge all’interno della quale venga fatta chiarezza sulle dotazioni organiche all’interno delle Unità Operative, in modo tale da eliminare la discrezionalità dei Dirigenti.
Questo porterebbe alla risoluzione dei punti successivi: il lavoro sarebbe quindi più organizzato. L’infermiere avrebbe quindi le risorse e il tempo di far integrare nella maniera appropriata l’OSS e successivamente di collaborare con lo stesso nella pianificazione e negli interventi dell’assistenza.
L’organizzazione del lavoro porta ad una distinzione “gerarchica” delle varie figure che costituiscono l’equipe assistenziale, permettendo ad ogni componente di svolgere in maniera appropriata il proprio lavoro e di applicare le proprie competenze.
Tutto questo per un unico e solo obiettivo:
Aumentare sempre più la qualità dell’assistenza per ottenere delle prestazioni adeguate alle esigenze dell’utente!
Non importa quanto un uomo possa fare, non importa quanto coinvolgente la sua personalità possa essere, egli non farà molta strada nel proprio lavoro se non sarà in grado di collaborare con gli altri
Anna Federica Melica
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