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Neonato morto al Pertini: piovono testimonianze di mamme “lasciate sole”. E c’è anche una petizione

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Coronavirus, "Garantire la presenza del padre/partner/caregiver accanto a mamma e neonato in ospedale"
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Tante madri hanno riempito le pagine social con i racconti delle esperienze negative vissute in ospedale dopo il parto. Una raccolta di firme su Change.org chiede di garantire accompagnatori alla nascita h24.

La notizia del neonato morto all’ospedale Pertini di Roma mentre la madre lo allattava ha un peso diverso dalle altre tragedie raccontate dai media. La storia di quella mamma, stanca e stremata, “colpevole” di essersi addormentata, è la storia di molte madri lasciate sole nella loro sofferenza. Tanti racconti e un unico filo conduttore: la solitudine.

Le testimonianze – Basta digitare l’argomento su internet per rendersi conto di quanto grande sia il problema. Migliaia di testimonianze, racconti e frasi del tipo “Poteva succedere anche a me”, in questi giorni riempiono le pagine dei social. Come qualla di Erica: “Dopo il primo parto ero mezza morta, avevo 6 di emoglobina. Il rooming in obbligatorio per me è stato un incubo: non riuscivo a badare a me stessa, figuriamoci al piccolo. Non avevo la forza o la capacità/razionalità di chiedere aiuto. Basta con la retorica che si partorisce da migliaia di anni: ci sono casi e casi, e chi assiste in questi reparti deve esserne ben consapevole”.

Oppure quella di Cristina: “Ricordo ancora quando è nato mio figlio. Ospedale con rooming-in, ma senza bagno in camera (un bagno per tutto il reparto, con finestre sempre aperte, in un freddissimo ottobre). La mattina porto il bimbo al nido. Avevo bisogno di lavarmi e andare in bagno, ma le visite non ci sarebbero state fino a mattina inoltrata. Beh, mi hanno fatto firmare un registro in cui c’era scritto che dichiaravo di non riuscire a prendermene cura e che lo riportavo al nido. Io dovevo solo andare in bagno. Come distruggere psicologicamente una neo-madre“.

Simile la testimonianza di Chiara: “Ricordo ancora il viso e il nome dell’ostetrica del mio primo figlio, a cui, alla terza notte di ricovero in cui non dormivo (ricovero la notte prima, parto indotto il giorno dopo e terza notte, la prima con mio figlio), chiesi se poteva tenerlo un’ora nella nursery perché non ce la facevo più. La sua risposta fu: ”Tesoro, vedi di farcela perché d’ora in avanti questa è la tua vita”.

E ancora: “Quando è nato mio figlio, dopo 24 ore di induzione al parto, 17 ore di travaglio, nessun tipo di anestesia, ben due manovre di Kristeller (praticate con delle lenzuola arrotolate) e una episiotomia, non riuscivo neanche a stare in piedi. Per quanto mi facevano male le costole non riuscivo nemmeno a tenere in braccio quel bambino così piccolo che avevo fatto nascere. Quando ai medici dissi tutti i dolori e disagi che provavo mi dissero, con fare frettoloso, che era normale, che sarebbe passato tutto”.

La petizione – La solitudine delle mamme, spesso provate anche dalla pratica del rooming-in, è al centro della petizione lanciata su Change.org da Associazione Mama Chat, a cui finora hanno aderito circa 170mila persone. Nel documento si chiede di garantire alle neo-mamme accompagnatori h24: “Spesso la carenza di personale non garantisce un sostegno continuativo alle puerpere, e per questo chiediamo che i protocolli ospedalieri siano aggiornati e che sia consentito l’ingresso h24 a un accompagnatore, garantendo l’accesso in tutti gli ospedali Italiani del partner o del famigliare al momento parto e durante tutta la degenza”.

Redazione Nurse Times

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