Tra i destinatari figurano cinque direttori sanitari che si sono succeduti nel corso degli anni alla guida dell’ospedale di Fuorigrotta. Si ipotizzano i reati di falso e omissione in atti di ufficio.
La foto dell’anziana ricoverata con il corpo brulicante di formiche divenne virale in poche ore e suscitò un’ondata di indignazione. Era il giugno del 2017 e l’ospedale San Paolo di Napoli fu travolto dallo scandalo. A poco più di tre anni da quell’episodio l’inchiesta avviata dalla Procura arriva a una svolta: 17 inviti a comparire sono stati notificati dai carabinieri ad altrettante persone, tra cui cinque direttori sanitari che si sono succeduti nel corso degli anni alla guida dell’ospedale di Fuorigrotta. Partiti dalla vicenda delle formiche, gli inquirenti hanno ricostruito le dinamiche relative alla pulizia nei reparti e ai controlli sulla loro efficienza. E proprio su questo punto sarebbero emerse diverse opacità. Per esempio, controlli fittizi sull’accuratezza della pulizia e false attestazioni che il lavoro fosse svolto in maniera corretta.
Tra le persone che nei prossimi giorni dovrebbero presentarsi davanti al pm Mariella Di Mauro, che indaga con il coordinamento dell’aggiunto Giuseppe Lucantonio, figurano il direttore sanitario dell’epoca, Vito Rago, quello attuale, Maurizio D’Amora, e altri tre medici che hanno ricoperto quell’incarico: Michele Ferrara, Nunzio Quinto e Antonio De Martino. Tutti sono ora alla guida di altri importanti ospedali della provincia. Nei loro confronti gli inquirenti ipotizzano i reati di falso e omissione in atti di ufficio. Il falso è contestato anche a nove coordinatori infermieristici dell’Asl Na 1, i quali attestavano fittiziamente che la pulizia dei reparti avveniva in modo corretto. Indagati anche due funzionari dell’ufficio Economato dell’ospedale e l’incaricato della supervisione della ditta Gesap, quella a cui era affidato l’appalto delle pulizie: nonostante l’evidente degrado, ritengono i pm, evitava di prendere provvedimenti e attestava il falso. Insomma, è come se l’ospedale pagasse per un servizio che non veniva svolto, o veniva svolto in maniera superficiale e inadeguata.
Gli avvocati del collegio difensivo si preparano a dare battaglia. Ritengono infatti che il direttore sanitario non possa essere a conoscenza della scarsa pulizia dei reparti se nessuno dei suoi collaboratori gli segnala il problema. Inoltre, in base al contratto nazionale di lavoro, tutto ciò che un ospedale può fare, nel caso in cui l’intervento di pulizia nei reparti non sia ritenuto soddisfacente, è chiederne la ripetizione alla ditta incaricata. I magistrati, dal canto loro, continuano ad approfondire e non si escludono importanti sviluppi. La Gesap si è vista prorogare per due volte l’appalto dall’Asl in attesa che si definisca la querelle giudiziaria con la Romeo Gestioni, che si era aggiudicata la gara, ma poi era stata bocciata da una decisione del Tar. La parola spetta ora al Consiglio di Stato.
Come ha scritto di recente il sito Stylo24, alcuni anni fa Gesap fu oggetto di un’interdittiva antimafia per presunti e mai provati legami con il clan camorristico Alfieri, attivo nel Nolano fino agli anni Novanta. Il provvedimento del prefetto fu poi annullato dai magistrati. Sulla vicenda l’allora senatore Emidio Novi, poi deceduto, rivolse nel 2006 un’interrogazione parlamentare ai ministri della Giustizia e dell’Interno.
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere del Mezzogiorno
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