Il 25 gennaio scorso è stato inaugurato presso l’ospedale Cardinale Ascalesi di Napoli un ambulatorio dedicato alla cura gratuita dei migranti.
Si tratterà di un “ambulatorio etnico”, come definito dai suoi fondatori. Permetterà di prevenire le malattie cutanee e della sfera sessuale, tenendo in considerazione la differenze culturali delle persone bisognose di cure.
Il progetto nasce dall’idea del professore Mario Delfino, direttore del dipartimento di Dermatologia dell’università Federico II a Napoli, che ha pensato di avviare un progetto per superare le barriere, anche culturali, “che spesso tengono i migranti lontani dalle cure di cui avrebbero bisogno”.
Si tratta di un presidio che garantisce una prestazione sanitaria gratuita senza bisogno di medici di base, prenotazioni e impegnative, e documenti.
“Noi vogliamo rispondere al bisogno reale, e immediato, di chi ha un problema sanitario”, spiega Delfino. Perché l’obiettivo non è solo garantire le cure e rispondere al giuramento di Ippocrate, ma anche evitare possibili contagi”.
“Le malattie, molte malattie della pelle e soprattutto le malattie veneree, si contagiano. Sarebbe oltremodo stupido, oltre che contrario alla deontologia professionale, non assistere chi vive qui. Curare gli immigrati è interesse di tutta la collettività. Il nostro è un dovere di tutela di “tutta” la popolazione. Non può essere un discrimine se quell’uomo o quella donna è qui in Italia legittimamente o meno. Il malato è malato, va assistito comunque”, prosegue il professore, che lavora insieme a Patrizia Forgione, responsabile dell’Asl Napoli 1 del laboratorio Migranti dell’Ascalesi, e a Nicola di Caprio, che ha già lavorato con molte comunità migranti nel casertano.
L’ambulatorio etnico si pone come obiettivo anche il superamento delle barriere che spesso impediscono a chi viene da un paese non europeo di curarsi. Grazie alla collaborazione dei mediatori culturali, e a volontari di associazioni di accoglienza, si potranno risolvere le differenze inguistiche.
“Non è un ghetto e non c’è un canale preferenziale. Abbiamo attivato un percorso facilitato studiato per superare le barriere che spesso impediscono a chi viene dai paesi extracomunitari di accedere alle terapie necessarie”, spiega Delfino.
“I migranti hanno, in tanti casi, un approccio alle malattie diverso dal nostro. Hanno, tanto per fare un esempio, uno spiccato pudore che gli impedisce di scoprirsi. Un pudore legato a motivi culturali, psicologici, religiosi. Dunque il nostro approccio, quello dell’ambulatorio etnico, è ‘dedicato’, aggiunge.
Una medicina senza frontiere che, spiega Delfino, è la naturale e immediata applicazione del giuramento di Ippocrate, che sosteneva che il medico deve sempre rispettare il paziente, chiunque sia. “Ippocrate diceva che entrando in una casa il medico deve rispettare l’uomo ( l’unico che aveva piena cittadinanza), la donna, lo schiavo. Sì, anche lo schiavo. La medicina nasce senza frontiere. E oggi non possiamo dimenticarcene”.
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