Si è svolta la prima udienza in Corte d’Appello a Roma per la morte di Karin Dalla Senta, la ragazza di Latina deceduta per una diagnosi sbagliata. Il procuratore generale ha chiesto la conferma della condanna per gli imputati che erano stati condannati dal giudice Laura Morselli.
Non avrebbero diagnosticato tempestivamente, secondo l’accusa, nonostante le analisi effettuate e i dolori della 26enne, l’appendicite. La diagnosi, secondo il medico legale, avrebbe potuto salvarla.
L’infermiera Ilaria Rondinelli era stata condannata in primo grado a sei mesi di reclusione, Valentina Baldini, medico di guardia in servizio presso il pronto soccorso dell’ospedale di Latina, a 9 mesi, Antonio Malagrinò, dottore di medicina generale che aveva in cura la paziente, invece ad 1 anno e 4 mesi.
Il giudice aveva anche disposto 30mila euro di provvisionale esecutiva per le tre parti civili, i genitori di Karin e il fratello. In totale 90mila euro.
Hanno discusso le parti civili rappresentate dagli avvocati Emanuele Ceccano e Oronzo Memmola, i responsabili civili Asl e Ares 118 mentre i difensori degli imputati hanno chiesto ai giudici una perizia per verificare la causa della morte di Karin: su questo i magistrati si sono riservati e nel corso della prossima udienza scioglieranno la riserva. Sul processo c’è l’ombra della prescrizione.
«Più tempestive fossero state le terapie a lei somministrate, anche in attesa di un’esatta diagnosi e tanto più precoce fosse stata l’esatta diagnosi, tanto maggiore sarebbe stata la possibilità di salvezza della paziente le cui probabilità di cura con esiti favorevoli erano elevatissime, nel peggiore dei casi pari al 92%» si legge nelle motivazioni della sentenza.
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Fonti: latinaquotidiano.it; latinaoggi.eu
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