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Morte cardiaca improvvisa, i test di screening sono davvero utili?

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Morte cardiaca improvvisa, i test di screening sono davvero utili?
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Un altro lutto nel mondo del calcio: a soli 31 anni è morto Davide Astori, capitano della Fiorentina, per un arresto cardiocircolatorio improvviso durante il sonno. Un dramma che rinnovano i dubbi sulla reale efficacia e  attendibilità degli attuali test di screening

A livello statistico, la morte cardiaca improvvisa colpisce “solo” lo 0,001% di giovani atleti ogni anno. Un’eventualità molto rara, quindi; causata per lo più da disturbi cardiovascolari preesistenti, anche se non è sempre così. Il che complica non poco l’individuazione dei soggetti a rischio.

E purtroppo è capitato di nuovo, stavolta al giovane capitano della Fiorentina Davide Astori: la notte di sabato, presso un Hotel di Udine dove si trovava con tutta la squadra viola in attesa della partita con l’Udinese prevista per Domenica, Davide è morto per cause naturali. È stato trovato nella sua stanza da un inserviente, dopo che non si era presentato a colazione coi suoi compagni.

Lunedì mattina verrà effettuata l’autopsia, ma… I dubbi sul suo decesso sono assai pochi: morte cardiaca improvvisa. Perciò dopo Morosini, Ribeiro, Ekeng, Puerta, Foe e Feher, deceduti molto giovani sul prato verde durante delle partite di calcio (e di cui si conservano, purtroppo, i tristi fotogrammi del malore che li ha strappati ai loro cari) il calcio è costretto a piangere un altro ragazzo sfortunato. Un altro atleta ai massimi livelli, super controllato.

Possibile che, ancora oggi, queste tragedie non si possano in qualche modo prevenire? Ci sono test di screening veramente utili e affidabili in grado di individuare i “cuori a rischio”?

Uno studio pubblicato nel 2016 sul British Medical Journal, da un team del Belgian Health Care Knowledge Centre afferma che, nei giovani atleti, la morte cardiaca improvvisa sia in realtà un evento fatale non evitabile: la ricerca, infatti, avanza dei seri dubbi sull’utilità di esami diagnostici preventivi che possano individuare i soggetti più a rischio.

Gli scienziati belgi hanno revisionato la letteratura scientifica sull’argomento, prendendo in considerazione un campione di atleti non professionisti tra i 18 e i 34 anni. Alla fine del loro lavoro, sono arrivati alla conclusione che lo screening per individuare la presenza di anomalie cardiache, tali da poter sfociare in una brusca “frenata” del cuore, potrebbe non essere così efficace.

“L’American Heart Association raccomanda di unire un esame fisico all’anamnesi personale e familiare, ma in questo modo solo poche persone a rischio di morte cardiaca improvvisa vengono identificate” hanno spiegato. La Società Europea di Cardiologia raccomanda altresì l’aggiunta di un elettrocardiogramma, sebbene questo tipo di accertamento abbia a volte una sensibilità bassa.

E gli altri test cardiologici? Oltre a non essere in grado di identificare tutte le anomalie potenzialmente letali, avrebbero addirittura un effetto ansiogeno sui soggetti coinvolti; con il rischio di provocargli traumi di natura psicologica.

Così ha commentato il dott. Christopher Semsarian dell’Università di Sydney: “Le incertezze sullo screening nei giovani atleti dimostrano la necessità di ulteriori studi per giungere all’obiettivo di prevenire le rare ma tragiche morti improvvise nei giovani. Nel frattempo, allenatori e giocatori dovrebbero essere addestrati alla rianimazione polmonare e all’uso dei defibrillatori, che dovrebbero essere disponibili in tutte le sedi sportive per migliorare le possibilità di sopravvivenza dopo un arresto cardiaco”.

Noi di Nurse Times ci stringiamo alla famiglia Astori in questo momento così triste.

Alessio Biondino

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