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Momenti di Terrore in Piazza San Carlo (Torino): la testimonianza di un futuro Infermiere

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In occasione della finale di Champions League che ha visto affrontarsi Juventus e Real Madrid decine di migliaia di persone si sono radunati in piazza San Carlo, a Torino

I tifosi presenti hanno vissuto attimi di puro terrore quando. In seguito ad un forte boato generato dal cedimento di una ringhiera, molti juventini hanno creduto di trovarsi di fronte alla scena di un tanto temuto attentato terroristico.

La folla in preda al panico ha iniziato a correre, molti presenti sono stati spintonati cadendo a terra e venendo successivamente calpestati.

Marco Schifano, studente palermitano che frequenta il terzo anno del corso di Laurea in Infermieristica presso l’Università del Sacro Cuore (sede San Filippo Neri) racconta la propria disavventura. Il giovane presente in piazza, ha ricordato quei momenti in un’intervista per Nurse Times.


Benvenuto Marco, puoi descrivere il momento che ha generato il panico?

Un momento di panico e follia pura. Poco dopo il gol del 3-1 del Real Madrid, l’intera platea di tifosi rimase in silenzio. Durante quei pochi secondi di assenza di rumore, abbiamo iniziato a sentire tremare la terra, un boato come se ci fosse un terremoto.

Successivamente ho visto una mandria di persone spostarsi verso di me spingendosi a vicenda. Capire cosa stesse succedendo era quasi impossibile. La prima cosa a cui ho pensato è stato un possibile attentato, quindi scappare era d’obbligo.

La massa di gente mi ha trasportato contro la mia volontà e subito dopo mi sono trovato a terra. Ho temuto di non potermi rialzare più e di finire schiacciato dalla folla contro un pavimento pieno di schegge di vetro proveniente dalle bottiglie di birra rotte.

Sono riuscito a rialzarmi ed ho iniziato a correre da solo, senza sapere che fine avessero fatto i miei amici. Durante la corsa mi sono accorto di avere una ferita alla base pollice che si estendeva fino al palmo della mano, profonda circa 1 cm, con un vaso sanguigno lesionato che schizzava sangue un pó ovunque.

La città era in delirio. Penso di aver visto la morte con i miei occhi a soli 21 anni!

Come giudicheresti l’organizzazione dei servizi di emergenza territoriale?

Le vie adiacenti alla piazza erano piene di persone che scappavano in ogni direzione. L’organizzazione dei servizi territoriali secondo me è stata pessima.

In una piazza che ha accolto più di 20000 persone il punto di primo soccorso era formato da 2-3 ambulanze concentrare dietro il maxi schermo. La maggior parte del personale era composto da volontari del soccorso privi di qualsiasi formazione sanitaria.

Erano presenti solo un paio di Medici ed Infermieri. Le persone (compreso me) che hanno temuto per un attentato con esplosioni e che sono rimaste anche seriamente ferite, non potevano rimanere lì ad aspettare per ore, facendo interminabili code, per essere medicati o soccorsi.

Non erano presenti ne ambulanze ne altri mezzi di trasporto che permettessero di raggiungere un pronto soccorso.

Come hai raggiunto il Pronto Soccorso?

Sono scappato dalla piazza per via della paura che potesse esplodere qualcosa o che fossero presenti altri potenziali kamikaze. I Carabinieri ed i Vigili del Fuoco mi hanno invitato a raggiungere autonomamente il Pronto Soccorso. Nessuno è riuscito a riportare l’ordine pubblico ne tanto meno ci ha provato.

Non conoscendo la città di Torino mi sono avventurato a piedi alla ricerca di un ospedale. Ho raggiunto l’NH Hotel dove, entrato per chiedere informazioni, sono stato soccorso e medicato dalla receptionist. Vista l’importante ferita che presentavo si è offerta personalmente di accompagnarmi in auto al Pronto Soccorso.

Non smetterò mai di ringraziare questa persona.

Cosa è successo all’arrivo in Pronto Soccorso?

Giunto presso il presidio ospedaliero Humanitas Gradeningo ho trovato una fila interminabile di feriti. Molte persone con piccole escoriazioni erano in attesa di essere visitati. Erano presenti una marea di codici bianchi.

Almeno 50 persone erano in attesa del Triage e circa 150 attendevano di essere visitati dal medico.

Mi hanno assegnato un codice giallo e mi hanno fatto accomodare in sala B. Mi hanno medicato ed un medico ha valutato la componente nervosa e tendinea e successivamente suturato.

Una sutura molto approssimativa ma non potevo chiedere di meglio vista l’affluenza ed il carico di lavoro. Mi hanno somministrato un anestetico locale e suturato velocemente. Mi hanno somministrato immunoglobuline e antitetanica.

Molti pazienti avevano bisogno di essere suturati, proprio come me. Il personale si lamentava platealmente non avendo potuto smontare dal proprio turno a causa dell’elevato numero di feriti.

Come giudichi l’organizzazione del sistema dei soccorsi territoriali?

Sinceramente non lo conosco a sufficienza per poter giudicare. È stata la prima volta che ne ho avuto bisogno. In questa situazione, non posso che giudicarlo molto scadente!

Impossibile trovare un primo soccorso con 3 unità concentrate dietro al maxi-schermo con 20000-25000 persone.

La verità è che l’intero sistema sanitario a mio parere non è assolutamente pronto ad agire in situazioni del genere.

Occorre addestrare gli operatori tramite corsi specifici per saper gestire con assoluta calma queste situazioni. Mi è sembrato che gli operatori che avevo davanti avessero molta più paura di me.

In Pronto Soccorso ho trovato del personale furibondo ma allo stesso tempo molto competente.

Infermieri furiosi perché alcuni avevano finito il turno e, mentre aspettavano il cambio, sono stati obbligati a rimanere ad aiutare. Le dichiarazioni udite dai miei futuri colleghi arrabbiati che invocavano l’arrivo dei reperibili rappresentano una sconfitta per la nostra professione a mio parere.

Però ripeto, alla fine tutti gli operatori hanno svolto un egregio lavoro.

Le criticità maggiori erano presenti nel punto di primo soccorso. Ho trovato operatori in preda al panico e alla paura, forse perché le unità erano pochissime e quindi erano quasi impotenti davanti a questa “strage” di feriti.


Ringraziamo Marco Schifano per aver voluto condividere una brutta esperienza che, anche grazie alla professionalità di molti Infermieri e Medici, non ha visto alcuna vittima, nonostante alcuni casi gravi siano ancora in prognosi riservata.

Simone Gussoni

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