In onore alla mia esperienza di qualche anno fa in un reparto di medicina presso una clinica privata, vi racconto quest’altro divertente episodio. Dove arte, ‘mistero’, misticismo e farmacologia si sono fusi insieme, all’inizio di un turno di mattina come tanti, per dare vita ad un terapeutico sorriso generale.
Sono le 06:45 di mattina. Attraverso mestamente il corridoio che mi conduce in reparto, mentre desidero, sogno, bramo un bel caffè. Ascolto in lontananza i soliti lamenti, i rumori molesti e le urla dei degenti più anziani e confusi, accompagnati dall’immancabile e snervante ‘scampanellio’. Che ad ogni passo diventa sempre più forte. Intravedo il caro vecchio borbottante OSS che vaga per le stanze di degenza con un ‘mazzetto’ di clisteri in mano e con una datata bilancia per pesare ‘gli ospiti’, mentre gli sento dire alle vecchiette le solite frasi, pronunciate con estremo tatto e savoir faire:
“signore mie belle, buongiorno, chi di voi deve fare la popò?”
Entro in medicheria, pronto per il passaggio delle consegne e rassegnato ad un’altra mattinata di passione nel mio reparto di medicina, quando mi trovo i colleghi in cerchio al centro della stanza. Immobili. In religioso silenzio e con lo sguardo rivolto verso il soffitto. Incuranti dei campanelli continui e della mia presenza. Come se avessero visto finalmente ‘la luce’ e fossero così rimasti paralizzati da quella inebriante visione mistica. Li raggiungo speranzoso ed alzo anche io gli occhi al cielo, pronto all’illuminazione, ma… Cos’è quello?
Che diavolo è successo? C’è stato forse un delitto? Un conflitto a fuoco con armi non convenzionali? Stanno tutti bene? Mistero. Un collega afferma timidamente che forse si tratta di uno scherzo… Un’altra addirittura suggerisce che, colti da un’irrefrenabile ispirazione, i colleghi della notte si sono probabilmente abbandonati alla creazione di quello che può sembrare una sorta di capolavoro d’arte moderna. Il problema è che non si trova il genio che ha coraggiosamente concepito cotanta meraviglia… forse per modestia o per vergogna, l’autore non sembra infatti intenzionato a rivelarsi e a rivendicare la paternità dell’opera; azione che, con indiscutibile certezza, gli farebbe ricevere complimenti, sincere strette di mano e indimenticabili attestati di stima.
Finché, dall’oblio generale, non affiora la piccola Chiara, collega del turno di notte, intenta a correre da tutte le parti con un paio di flebo in mano. Ci osserva contrariata, ferma la sua corsa e ci ammonisce:
”Beh? Che c’è? Gli aghi di calibro maggiore sono terminati e diluire il Tazocin con queste siringhe qui non è una passeggiata! Mi si è ostruito l’ago e per cercare di stapparlo mi è esplosa la siringa! A voi non è mai capitato?”
Ecco svelato l’arcano. Nulla di artistico… Nulla di scherzoso o di mistico… Niente luce. Semplicemente… Piperacillina e Tazobactam, un dannato antibiotico. Delusi, ma allo stesso tempo divertiti, continuiamo ad ammirare l’incredibile quanto irripetibile scultura ad alta quota quando arriva il caposala. “Buongiorno a tutti”, esclama serioso. Per nulla sorpreso, guarda anche lui in alto e seda lo stupore generale con un repentino e gelido: ”Chiamate la manutenzione o quel coso finirà in testa a qualcuno”.
Ma è un vagito del caro vecchio OSS, apparso celermente come suo solito, che ci fa finalmente distogliere gli occhi dall’insolito graffito e che ci reimmerge in modo definitivo nella triste realtà:
“Alessio, sei libero? La vecchietta del letto 11 si è sfilata il catetere vescicale e lo agita minacciosamente contro quella del letto 12, che per risposta le ha lanciato il pannolone. Che, ahimè, non era vuoto. Mi aiuteresti a sedare la rissa?”
Certamente. Qualcuno faccia un bel caffè.
Alessio Biondino
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