Al 31 dicembre 2023 le scadenze europee sulla Missione Salute del Pnrr che condizionano il pagamento delle rate sono state tutte rispettate. E delle scadenze nazionali l’unica da “attenzionare”, tra le tre differite, riguarda l’assistenza domiciliare integrata (Adi) negli over 65, ma “altri ostacoli sono all’orizzonte: grave carenza di infermieri, ruolo dei medici di famiglia e gap Nord-Sud”.
Su quest’ultimo punto il Ddl Calderoli “va in direzione opposta all’obiettivo del Pnrr di ridurre le diseguaglianze”. E’ quanto emerge dal monitoraggio indipendente dello stato di avanzamento della Missione Salute del Pnrr, condotto dalla Fondazione Gimbe e “avviato – ha spiegato il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta (foto) – al fine di fornire un quadro oggettivo sui risultati raggiunti, di informare i cittadini ed evitare strumentalizzazioni politiche”.
“Al momento i ritardi sulle scadenze nazionali non sono particolarmente critici – sottolinea Cartabellotta -, fatta eccezione per i nuovi pazienti che ricevono assistenza domiciliare. Tuttavia, effettuata la ‘messa a terra’ della Missione Salute, il rispetto delle scadenze successive sarà condizionato soprattutto dalle criticità di attuazione del Dm 77 nei 21 servizi sanitari regionali, legate sia alle figure chiave del personale sanitario coinvolte nella riorganizzazione dell’assistenza territoriale, sia alle enormi differenze regionali, che rischiano di essere amplificate dall’autonomia differenziata”.
L’unica tra queste criticità a dover essere attenzionata è “l’assistenza domiciliare integrata: entro marzo 2023 avrebbero dovuto essere assistiti in Adi 296mila pazienti over 65, una scadenza slittata di 12 mesi per le enormi differenze regionali nella capacità di erogare l’assistenza domiciliare, ambito in cui il Centro-Sud era già molto indietro”.
Infatti, precisa la Fondazione Gimbe, “secondo quanto previsto dal decreto del ministero della Salute del 13 marzo 2023 per assistere almeno il 10% della popolazione over 65 in Adi la Missione Salute del Pnrr si pone l’obiettivo di aumentare il numero delle persone prese in carico passando dagli oltre 640mila del dicembre 2019 a poco meno di 1,5 milioni nel 2026, per un totale di oltre 808mila persone in più”.
“Tuttavia – spiega Cartabellotta –, se da un lato è realistico il raggiungimento del target nazionale, dall’altro è molto più difficile colmare i divari regionali. Infatti, se Emilia-Romagna, Toscana e Veneto per raggiungere il target 2026 devono aumentare i pazienti assistiti in Adi rispettivamente del 35%, del 42% e del 50%, in alcune regioni del Centro-Sud i gap sono abissali: la Campania deve incrementarli del 294%, il Lazio del 317%, la Puglia del 329% e la Calabria addirittura del 416%”.
Tra gli ostacoli all’orizzonte c’è innanzitutto, precisa la Fondazione, la gravissima carenza di personale infermieristico: gli ultimi dati relativi al 2021 documentano un numero di infermieri in Italia pari a 6,2 per 1.000 abitanti, rispetto alla media Ocse di 9,9, con rilevanti differenze tra Regioni che penalizzano prevalentemente quelle del Centro-Sud sottoposte a Piano di Rientro. Una carenza che stride con il fabbisogno stimato da Agenas per attuare il DM 77: un range da 19.450 a 26.850 infermieri.
In secondo luogo il limbo in cui rimangono le modalità di coinvolgimento dei medici di famiglia nelle case della comunità. Infine tutte le differenze regionali che, oltre alla già citata Adi, riguardano i modelli organizzativi dell’assistenza territoriale, la dotazione iniziale di case della comunità e ospedali di comunità e l’attuazione del fascicolo sanitario elettronico.
Ma soprattutto, continua Cartabellotta “l’esigibilità dei miglioramenti organizzativi e dei nuovi servizi da parte dei cittadini si allontana anche per la rimodulazione al ribasso e lo slittamento di 18 mesi della scadenza per rinnovare le grandi apparecchiature, peraltro motivato da criticità minori, quali lo smaltimento delle vecchie apparecchiature e l’adeguamento dei locali”.
Redazione Nurse Times
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