I reati ipotizzati sono corruzione, falso, accessi abusivi a sistemi informatici e truffa aggravata. Attualmente sono 25 gli indagati. Sequestrati 3 milioni di euro.
Una truffa milionaria ai danni dello Stato che andava avanti da tempo grazie a un “articolato e collaudato meccanismo fraudolento, finalizzato a far lievitare artificiosamente l’entità dei rimborsi corrisposti dal Sistema sanitario nazionale”. È quanto scoperto dalla Guardia di Finanza di Messina, che questa mattina ha notificato tre divieti temporanei di esercitare attività imprenditoriali per la durata di quattro mesi, sequestrato di liquidità finanziarie per oltre 3 milioni di euro nei confronti di sette strutture private convenzionate. Attualmente sono 25 gli indagati, a vario titolo, tra funzionari pubblici dell’Asp Messina, responsabili e dipendenti delle sette strutture private convenzionate, titolari delle più conosciute e importanti case di cura della città. I reati ipotizzati sono corruzione, falso, accessi abusivi a sistemi informatici e truffa aggravata.
La maxi truffa ruota tutta intorno all’acronimo D.R.G. (Diagnosis Related Group): un dettagliato sistema che consente di classificare ogni singolo caso clinico in una determinata casella (il ministero della Sanità ha previsto oltre 500 casistiche), variabile in relazione alla diagnosi, agli interventi subiti, alle cure prescritte ovvero alle caratteristiche personali del singolo paziente ricoverato in una struttura accreditata. Proprio sulla base del D.R.G. attribuito, quindi, ogni singola Regione prevede la tariffa da rimborsare alla casa di cura privata convenzionata, gravante sul Servizio sanitario nazionale, così risultando centrale la relativa attività di verifica, per norma attribuita a un Nucleo operativo di controllo interno all’Asp competente per territorio. Dalle indagini della Procura di Messina è emerso che i 25 indagati indicavano nella scheda di dimissione ospedaliera un D.R.G. “gonfiato” rispetto a quanto indicato nelle cartelle cliniche, così da aumentare la cifra chiesta come rimborso al Ssn.
Figura centrale dell’inchiesta è Mariagiuliana Fazio, ex dirigente dell’Asp Messina, indagata per truffa aggravata allo Stato, accesso abusivo a sistema informatico, falso e corruzione, già a capo del Nucleo operativo di controllo dell’Aziensa sanitaria. La donna è descritta dal gip come soggetto che, “forte di una consolidata esperienza amministrativa e burocratica”, si è dimostrata “dotata di una pervasiva capacità di orientare l’impatto della macchina amministrativa” da lei diretta, con “atteggiamento spregiudicato, piegandola a interessi di parte in funzione di un tornaconto personale”.
La Fazio vantava un “rapporto privilegiato” con i vertici delle case di cura finite sotto inchiesta, e in particolare con Emmanuel Miraglia, romano, 81 anni, della Cappellani Giomi S.p.a. e della Giomi S.p.a., società convenzionate che avrebbero guadagnato rimborsi dal Servizio sanitario per 423.934 euro. Le indagini hanno accertato decine di accessi al portale Qualità Sicilia Ssr, sottosistema “Controllo qualità e appropriatezza cartelle cliniche e SDO”, predisposto dall’assessorato alla Salute della Regione Siciliana, rilevando che la Fazio aveva fornito a un medico dipendente della Giomi S.p.a., oggi indagato per accesso abusivo a sistema informatico, le proprie credenziali riservate, per consentirgli di inserire indebitamente i dati relativi alle procedure di verifica sulle cartelle cliniche.
La Fazio si sarebbe servita della complicità di 14 addetti al suo ufficio, tutti indagati per falso. Dalle indagini è emerso che la donna dava indicazioni ai suoi collaboratori su cosa scrivere o non far rilevare in sede di ispezione delle case di cura, sollecitando i suoi a non verbalizzare, ad esempio, carenze di personale negli orari notturni. “… No, non scriverla come criticità… non la… non la scrivere…”, diceva, non sapendo di essere intercettata. O ancora sulle modalità di intervista dei pazienti sulla qualità del servizio offerto, quando suggeriva che l’attività venisse svolta in presenza del direttore sanitario, così da condizionare i pazienti nelle risposte che avrebbero fornito.
“Fate delle interviste ai pazienti…insieme al direttore sanitario. Però fallo col direttore sanitario, così hanno una remora nel… Okay, ci siamo capiti…”, diceva. Per questo è indagato per falso, insieme alla Fazio e agli appartenenti al N.O.C., anche il direttore sanitario della Cappellani Giomi S.p.a. Infine l’ex dirigente si è resa protagonista anche di altre ipotesi di reato, che il gip ha bollato come di “mercimonio della funzione pubblica”, per aver sollecitato Emmanuel Miraglia a migliorare il trattamento economico del figlio, dipendente della Giomi S.p.a. La Fazio avrebbe ricevuto anche gioielli pagati dalla casa di cura, ottenuto l’assunzione presso la il centro sanitario gestito dalla Cure Ortopediche Traumatologiche S.p.a., del compagno di una sua collaboratrice amministrativa, e l’assunzione di una amica a Villa Salus.
Redazione Nurse Times
Fonte: il Fatto Quotidiano
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