Una vicenda triste che purtroppo si ripete. La sanità Italiana fa un’altra vittima silenziosa, che probabilmente sarà dimenticata da dirigenti e politici già nei prossimi giorni.
Di certo non lo dimenticano i suoi colleghi, medici e infermieri che con lui hanno condiviso un percorso professionale.
Lo ricorda così Alberto, collega di Giovanni.
“Ho lavorato un anno all’ospedale di Manduria, dove ho incontrato colleghi fantastici tra cui Giovanni, medico mite e gentile, sempre attento ai pazienti e rispettoso dei colleghi. Da ieri Giovanni non c’è più, è morto in ospedale a causa di un infarto.
Mentre era in turno di lavoro.
Mentre era di passaggio in reparto tra un turno e l’altro. Poco importa questa diatriba sollevata dai giornali: era comunque in ospedale e magari meritava di trovarsi altrove, magari in ferie (visto che in alcuni periodi dell’anno sono state anche vietate).
La notizia chiaramente ci ha sconvolto, per due motivi. Il primo è personale: una persona cara, di grande valore, che la vita si porta via alla soglia dei sessantanni. La seconda è professionale e solleva un problema noto: come tanti altri operatori sanitari, da diverso tempo, era sottoposto a turnazioni disposte dai superiori “per far fronte alle (ataviche) carenze di organico” della struttura.
L’ ospedale di Manduria, ed altri ospedali d’Italia, infatti, viaggiano con carenze in pianta organica di circa il 50% di quelli previsti, con inevitabili ripercussioni di accumulo lavorativo sul restante 50% presente, costretto ad “obbedire” anche ad un sistema ormai privo di attenzione sui dovuti riposi e i carichi ordinari, ancora legato alla tortura umana moderna della “reperibilità”.
Pochi giorni fa il presidente della regione ha persino paragonato i medici ai calciatori: “cerchiamo medici come calciatori”, ha detto. Non ha esordito dicendo, ad esempio, “chiudiamo gli ospedali che non sappiamo gestire o dove i nostri rappresentanti concedono turnazioni esasperanti”. No, ha persino sminuito un mestiere fatto di tanto studio e condizioni pessime stabilite dalla politica, paragonandolo ad un altro (mestiere) che gode quantomeno d’infinita “ricchezza”, assenza totale di responsabilità e incessante sovraesposizione mediatica.
Lo scorso anno Mario, un altro bravissimo amico radiologo, collega, proprio chiamato per l’ennesima reperibilità in quell’ospedale, per stanchezza, fece un incidente dove morì l’altro conducente.
Quest’anno Giovanni, portato all’esasperazione da turni massacranti che continuava oltremisura anche in pronto soccorso (da solo. Immaginate cosa significhi l’estate nel Salento, con la popolazione media, che triplica a causa dei turisti) oltre che in medicina interna, dove lavorava abitualmente.
Io stesso, vi raccontai della volta in cui il sonno batteva negli occhi mentre ero alla guida dopo l’ennesima reperibilità passata in bianco (la decima dell’ennesimo mese).
Essere chiamati “eroi” non cancella il degrado gestionale di una categoria vessata dall’incapacità organizzativa della politica.
Visto che sono giorni in cui tutti parlano dei problemi del paese, ecco, ve ne dico qualcuno io!
Spero che i sindacati non smettano mai la battaglia che da anni portano avanti su questi temi (senza essere ascoltati) perché c’è bisogno di non tacere quanto sia grande il valore della vita quando questo è schiacchiato e reso pericoloso dal lavoro.
Ogni lavoro.
Grazie Giovanni, per il medico che sei stato, per il volto amico che ho conosciuto tornando a casa dal Nord.
La Procura ha aperto un’inchiesta. Spero che la tua storia porti più luce sul problema e salvi la vita di tanti noi, come ne hai salvate e curate tante in questi anni.
Tra cui anche la mia, quando ti presentasti in Tac accompagnando una paziente allettata e mi chiedesti: “Sei nuovo? Ben arrivato, Alberto! Abbiamo bisogno di giovani…”
…e non intendevi certo calciatori”.
Alberto Zucclà
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