Le riprese effettuate con lo smartphone sembrano inchiodare i protagonisti della vicenda.
“Respiri male? Noi l’ambulanza non la chiamiamo, tanto muori stasera… Anzi, ora ci firmi un foglio e ci lasci la casa”. Questa è solo una delle agghiaccianti espressioni che alcuni infermiere e operatrici sociosanitarie avrebbero rivolto agli anziani pazienti ricoverati nella casa di riposo di Narnali (Prato). Parole terribili, rievocate ieri in tribunale dai due principali testimoni, che hanno fatto emergere numerosi episodi di maltrattamenti accaduti all’interno della rsa.
Tra gli imputati figurano quattro infermiere e oss della struttura, cioè coloro che hanno scelto il rito ordinario. Altri nove operatori sono stati condannati nel novembre 2016 dal gup Angela Fantechi. Ieri è toccato salire sul banco dei testimoni al tirocinante infermiere Michele Corsetti, che insieme al “collega” Diego Longo ha denunciato le malefatte del gruppo di operatori sanitari della struttura per anziani. Grazie alla loro denuncia alle forze dell’ordine, la squadra mobile ha avviato una serie di indagini e intercettazioni ambientali che hanno fatto emergere, dal 2014 in poi, centinaia di episodi di maltrattamenti verbali, oltre ad isolati episodi di violenza fisica.
Corsetti ha risposto alle incalzanti domande del pubblico ministero Egidio Celano davanti al giudice Francesca Scarlatti. I quesiti erano incentrati sulle due figure alle quali è stato affiancato per un mese a Narnali: l’infermiera tutor Maria Cristina Latessa e l’operatrice sociosanitaria Lidia Del Medico. Il tirocinante ha ribadito come fosse continuamente sbeffeggiato, deriso e umiliato dall’infermiera tutor. Per questo motivo non sarebbe intervenuto quando gli toccò di assistere all’episodio della donna che respirava male: “Volevo imparare la professione e mi sono trovato davanti gente così…”.
Dopo aver contattato la stazione di polizia locale, Corsetti avrebbe iniziato ad acquisire prove. Molte registrazioni effettuate con lo smartphone, contenenti offese rivolte ad alcune pazienti ricoverate in struttura, sono state acquisite dagli inquirenti. Un’anziana, immobilizzata in un letto e incapace di difendersi, sarebbe stata apostrofata più volte con epiteti pesantissimi a sfondo sessuale. La registrazione è ora agli atti del processo.
Rispondendo alle domande di Antonino Denaro, avvocato difensore di Cristina Latessa, il testimone è sbottato: “Quella donna mi fa schifo, mi auguro di non vederla mai più. Nessuno dovrebbe trovare un’infermiera come lei”. Il tirocinante ha concluso parlando dell’aspetto meramente lavorativo: “Dal punto di vista professionale, strettamente medico, l’infermiera faceva il suo dovere”.
Simone Gussoni
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