Fiato sospeso per la sorte della 38enne Andrea Prudente: i medici non possono intervenire perché il cuore del feto batte ancora.
Andrea Prudente, 38enne turista americana arrivata a Malta incinta di 16 settimane, rischia una setticemia, e quindi la vita, per via di un aborto spontaneo al quale i medici dell’ospedale Mater Dei di Msida non possono porre termine perché il cuore del feto batte ancora. L’isola del Mediterraneo è l’unico Paese dell’Unione europea che vieta in qualsiasi caso l’interruzione di gravidanza: i medici rischiano quattro anni di carcere se la praticano.
Le uniche opzioni per chi vuole interrompere una gravidanza sull’isola sono l’acquisto online di farmaci abortivi illegali o la ricerca di un’interruzione di gravidanza all’estero. Un’ecografia eseguita 48 ore dopo il ricovero aveva rilevato che non era rimasto liquido amniotico nel grembo, e alla donna era stato detto che il bambino non poteva sopravvivere.
La vicenda è stata resa nota da Doctors for Choice, Ong che teme si ripeta la tragedia di Savita Halappanavar, morta a 31 anni in Irlanda nel 2012, quando le venne negata l’interruzione di gravidanza dopo un inizio di aborto spontaneo.
Stando al racconto della stessa Andrea, il personale medico le avrebbe consigliato di “lasciare l’ospedale ed aspettare in hotel che il battito cardiaco del feto si fermi”. Oppure di aspettare lo sviluppo di un’infezione: solo dopo, quindi in condizioni di emergenza, i medici “avrebbero potuto intervenire”.
Alla turista è stata inoltre diagnosticata una rottura della membrana, con il cordone ombelicale che sporge dalla cervice: due fattori che la espongono a un rischio ancora maggiore di emorragie e infezioni, che si cerca di scongiurare con la somministrazione di antibiotici.
Tutto è iniziato il 12 giugno scorso, quando Andrea era in vacanza sull’isola di Gozo col suo partner, il 45enne Jay Weeldreyer. A seguito di un copioso sanguinamento i medici le avevano prescritto un farmaco per proteggersi dall’aborto spontaneo, ma due giorni dopo, al rientro a Malta, la rottura delle acque aveva reso necessario il ricovero all’ospedale St. Thomas, dove era stato rilevato il distacco della placenta.
“Il personale medico veniva a controllare il battito cardiaco fetale ogni giorno: è una forma inconcepibile di tortura emotiva e psicologica”, ha raccontato il compagno della donna al quotidiano britannico The Guardian.
Redazione Nurse Times
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